mercoledì 30 agosto 2017

Affettati per gli sportivi sì o no?


BRESAOLA

1. È l’affettato con il minor apporto di grassi, col maggior apporto di leucina e di ferro, quello detto “eme”.

2. È un alimento vantaggioso se assunto dopo una seduta di allenamento della forza (come ad esempio i pesi, i circuiti di forza a corpo libero e le sedute di forza specifiche come le SFR in bicicletta o le ripetute in salita nella corsa). Perché?

La leucina, infatti, è un aminoacido che il corpo non è in grado di produrre da sé, e pertanto deve essere assunto attraverso gli alimenti. È una sostanza fondamentale poiché la sua presenza nel sangue, dopo le suddette sedute, è lo “starter” del processo di recupero o di crescita muscolare e contribuisce oltretutto al corretto mantenimento del tono muscolare.

Grazie alla sua elevata concentrazione di ferro “eme”, ovvero quello che si lega ai globuli rossi, previene la carenza da ferro e stati di anemia e pre anemia. Per migliorare il suo assorbimento è bene consumarla insieme ad un alimento contenente vitamina C come, in un pasto con succo di limone, o in uno spuntino insieme ad un frutto come un kiwi o un agrume, come le arance rosse di Sicilia.

PROSCIUTTO CRUDO

Ne esistono di varie qualità ma con un denominatore comune: il sapore di salato. Grazie, infatti, alla sua preparazione a base di carne e sale, risulta l’affettato più semplice. Proprio per questa caratteristica diviene un valido supporto dopo gli allenamento con abbondante sudorazione.

Si chiama “fame selettiva”, infatti, quella voglia di salato che alcuni atleti descrivono con chiarezza a seguito di allenamenti o competizioni in cui la sudorazione è stata profusa.

In questi casi infatti, non solo si perde acqua ma anche sali minerali, tra cui il sodio, ovvero il sale minerale che si può misurare con maggior concentrazione nel sudore. Per questo il prosciutto crudo è consigliabile dopo gli allenamenti lunghi e/o condotti in ambiente caldo per recuperare il sodio perso, gli aminoacidi e le proteine utili al recupero muscolare.

FESA DI TACCHINO

Lo sai che la carne di tacchino è ricca di Beta-alanina?

Beta che?! La Beta-alanina è un aminoacido che insieme all’istidina forma la carnosina. È stato chiaramente dimostrato che il fattore limitante per la sintesi muscolare di carnosina non è l’istidina, bensì la Beta-alanina. Ciò significa che i livelli di carnosina nell’organismo sono limitati dalla disponibilità di Beta-alanina per la sua sintesi. La supplementazione di Beta-alanina è stata quindi proposta per aumentare le quantità di carnosina intramuscolare.

Alcuni studi rivelano che Beta-alanina ha la capacità di tamponare l’acido lattico nei muscoli, permettendo di resistere più a lungo a sforzi intensi e favorendo il recupero dopo la gara o l’allenamento.

Non a caso, dunque, i livelli muscolari di carnosina sono maggiori nelle fibre bianche rispetto a quelle rossee, per questo, prevalgono nelle specie animali che eseguono sprint frequenti (ad esempio levrieri e cavalli purosangue), voli esplosivi e dispendiosi (come i tacchini o fagiani) o rimangono in ipossia prolungata, cioè in assenza di ossigeno per periodi di tempo prolungati (ad esempio i cetacei).

Per questo il tacchino e quindi la fesa di tacchino sono alimenti vantaggiosi nei pasti che precedono una seduta di allenamento con intensa produzione di acido lattico, oppure, prima e dopo le competizioni.

Quindi.. affettati sulla tavola degli sportivi, sì.. ma sempre con moderazione.


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lunedì 28 agosto 2017

Perché è importante bere aceto di mele prima di andare a dormire?

Perché è importante bere aceto di mele prima di andare a dormire?


Secondo uno studio condotto dai ricercatori dell’ Università dell’Arizona negli stati uniti, bere aceto di mele prima di dormire riequilibra i livelli di zucchero nel sangue. Basterà, infatti, consumare due cucchiai di aceto di sidro di mele per riscontrare un sensibile miglioramento dei livelli dello zucchero nel sangue, il che lo rende l’ideale anche per chi è interessato al dimagrimento. Questo ingrediente naturale accelerando il metabolismo del nostro corpo favorisce, infatti, il dimagrimento.

Inoltre assumendo ogni giorno questo aceto si disintossica il sistema linfatico e si migliora la funzione omeostatica nel nostro corpo riducendo il danno ossidativo causato dai radicali liberi.

L’aceto di mele è utile anche....

Diversi studi hanno dimostrano che questo ingrediente distrugge le cellule del cancro della mammella, del colon, della prostata e del polmone.

Una miscela preparata con due cucchiai da tavola di aceto di mele e con un cucchiaino di miele, disciolti in un bicchiere d’acqua contrastano i problemi digestivi come la colite, le ulcere e il reflusso.


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martedì 22 agosto 2017

Muira puama: l'afrodisiaco che cercavi



Noto anche come Viagra del Rio delle Amazzoni o Albero della Potenza.
Ogni parte della pianta, dalle radici ai rami alla corteccia, può essere utilizzata per ottenere la preziosa droga, ricca di un mix di sostanze che unite tra loro producono i desiderati effetti. L’unica sostanza di cui è quasi certo il potere afrodisiaco è l’alcaloide muirapuamina, per via delle sue proprietà vasodilatatrici ma per il resto rimane un mistero il perché questa piccola pianta sia tanto efficace nello stimolare il desiderio sessuale e le prestazioni amorose.

In generale, la muira puama va considerata come vasodilatatore e tonico, e in questa veste di tonico può essere utilizzata come semplice energetico, per dare vigore e forza all’organismo, sia in vista dell’atto sessuale che del benessere complessivo del corpo, che della prospettiva di un’attività fisica impegnativa.

Qual è l’effettiva utilità della muira puama? 
La definizione di afrodisiaco naturale è infatti ampia, ma può essere circoscritta ad alcuni casi leggeri specifici:

- impotenza maschile (uomo)
- difficoltà di erezione (uomo)
- calo della libido (uomo e donna)
- insufficienza sessuale (uomo e donna)

La muira puama non si applica invece a quei casi in cui si vuole creare uno stato di eccitazione, magari per una serata particolare; in questi casi si usano il peperoncino o le ostriche, non la muira puama, che ha la sua ragion d’essere quando c’è qualche tipo di problema, fosse anche un semplice momento di stress psico-fisico.

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lunedì 21 agosto 2017

Dieta della luna 1 giorno

Dieta della luna 1 giorno


Se si è alla ricerca dell’ultimo tentativo di eliminare i 2 chili di troppo prima di indossare il costume, è il momento di tentare una dieta di un giorno dal nome curioso: la dieta della luna. Non si tratta di un regime alimentare volto solo al dimagrimento ma va intrapreso come un programma di purificazione dalle scorie e dalle tossine, utile anche a sgonfiare i tessuti grazie alla sua azione drenante.

La dieta funziona grazie alle fasi lunari, quindi reca gli effetti desiderati solo seguendola in base ai ritmi della luna. Si può consultare un calendario che riporta le diverse fasi lunari durante l’arco dell’anno, per scegliere la data giusta: la dieta va cominciata all’inizio della fase lunare scelta, rispettando l’ora di cambio lunare, orario esatto in cui cambia il campo magnetico della luna sulla terra, evitando completamente il cibo solido per 24 ore.

Nonostante la dieta della luna duri solo un giorno, riesce a far dimagrire fino a due chili, grazie alla sola assunzione di liquidi che aiutano l’organismo a purificarsi: molti ritengono che le diverse fasi lunari possano condizionare l’equilibrio idrico dell’organismo, come condizionano il flusso continuo delle maree: in fase di luna piena si ha un’azione volta al rinnovamento cellulare; la luna calante invece depura, disintossica e invita all’attività  fisica; la luna nuova è favorevole a iniziare una nuova attività , come una dieta; in fase di luna crescente l’organismo tende a trattenere i liquidi.

Dal movimento lunare si può regolare l'{#alimentazione} in modo da trarre giovamenti, soprattutto in caso di ritenzione di liquidi e sovrappeso. Il programma di un giorno segue determinate regole come bere minimo un litro e mezzo di acqua povera di sodio o altri liquidi come centrifugato, frullati (con acqua) e succhi sia di frutta che verdura; inoltre per aumentare l’azione drenante del digiuno lunare si possono introdurre tisane depurative, come quella al finocchio, o il tè verde.

Al mattino presto, quando ci si sveglia, bisogna assumere un bicchiere d´acqua con il succo di mezzo limone; a metà  mattina, come spuntino, una spremuta non zuccherata di due pompelmi; a pranzo si può scegliere tra una tazza di tisana o il tè e infine a cena una spremuta non zuccherata con un limone e un’arancia.

Prima di coricarsi bere l’ultima tazza di tisana. Si tratta di un regime alimentare da effettuare solo una volta al mese ed è sconsigliato a chi soffre di cali di pressione.

Dopo il digiuno è preferibile iniziare gradatamente ad assumere cibi per evitare problematiche e shock fisiologici, procedendo come segue: alimentarsi con cibi sani come verdure e carni bianche alla griglia, bere sempre un litro e mezzo di acqua al giorno, ma tenere lontano il caffè e i formaggi grassi, alcoli, salumi e dolci.

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Con un po’ di solitudine addio allo stress

Con un po’ di solitudine addio allo stress



I momenti di “stacco” sono fondamentali per il cervello: non servono tecniche complicate, ma piccole pause che arricchiscono e fanno sentire …meno soli!

Quando la solitudine è un’amica sincera

Esiste un bisogno psichico primario, che ha sempre accompagnato l’uomo in tutta la sua storia: poter stare da solo. Non parliamo di una ben poco auspicabile solitudine sociale, dato che gli esseri umani sono “costruiti” per essere in relazione, ma come possibilità di avere tempo e spazi per stare con se stessi, per sganciarsi momentaneamente dagli altri e quindi agganciarsi di più alla propria essenza: ritrovare la sensazione di sé, sentirsi, riunificarsi. Non si tratta di meditare o di pregare, ma semplicemente di non essere connessi con la consueta rete di relazioni, sia concrete che virtuali. Momenti nei quali la mente ha assoluto bisogno di non essere interrotta da richieste esterne, così da poter svolgere le fondamentali operazioni di “reset” dallo stress quotidiano, di relax, di concentrazione energetica e di percezione di senso, che possono avvenire solo in questo modo. Lo stile di vita che ci viene imposto dalla società, non lo prevede: al contrario, sembra fare di tutto per non lasciarci mai soli. Le richieste professionali, sociali, familiari e amicali si sono moltiplicate a causa della tecnologia che ci rende raggiungibili in ogni momento, aumentano proprio il livello di stress.

Vinci la dipendenza dagli altri  


La scena più esemplificativa per spiegare questo bisogno è quella di una persona seduta alla fermata dell’autobus: potrebbe essere un momento di sana solitudine e di “ricarica” dallo stress, e invece si mette a scrivere sms non necessari a qualcuno, tanto per “riempire il tempo”. Per fortuna recuperare questi momenti “sacri” per il sistema nervoso e per l’equilibrio psichico non è impossibile. Non si tratta di rinunciare ai preziosi strumenti del progresso, ma di disciplinarne l’impiego, per vincere la dipendenza dalla relazionalità continua. Se non ci concediamo ogni tot questa solitudine, finiremo per sentirci soli proprio nelle relazioni! 

Legittimare il bisogno di solitudine

Oggi disconnettersi dalle relazioni, anche se per poco, sembra quasi un delitto. Diventare irraggiungibili per un’ora può farci sentire addirittura in colpa. Perciò è necessario legittimare il proprio bisogno di stare un po’ da soli: se aspettiamo che sia la realtà esterna a lasciarci lo spazio, non l’avremo mai.

Alt alle interferenze

Spesso si sottovaluta l’importanza di questa solitudine necessaria, e ci si concede continue interruzioni. È importante al contrario difendere questi momenti di solitudine, allo stesso modo di quando si è, ad esempio, in una riunione di lavoro e non si può essere interrotti.

Non usare la solitudine…per lavoro!

Stare da soli non significa trovare del tempo per “portarsi avanti” con il lavoro, “approfittarne per” rimettersi in pari, e via dicendo. La solitudine “buona” è quella in cui si fa ciò che si vuole, che non si trasforma in qualcosa che, in modo diretto o indiretto, ci connette ancora con l’esterno e con i doveri.

Stare da soli ogni tanto fa bene perché:  

 
- Ti rimette subito in contatto con te stesso

- L’identità si rinforza e lo stress si riduce

- Ascolti meglio le tue riflessioni ed emozioni.

- Arrivano pensieri e idee altrimenti non attingibili.

- Riequilibri la mente e la psiche si ricarica.

- Ti predisponi meglio alla vita di relazione.

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sabato 19 agosto 2017

Gelatina gommose con agar agar

Servono solo tre ingredienti: la frutta (o altro in base al gusto), lo zucchero e il gelificante. Potete aggiungere del limone in quella frutta che non ha nessuna acidità. Dopo varie prove fatte utilizzando fogli di gelatina (chiamata anche colla di pesce) o pectina, ho trovato il giusto equilibrio tra gli ingredienti usando l’agar agar e devo dire che adesso mantengono la loro consistenza. Erano buonissime anche con la gelatina o pectina, nulla da dire per il gusto, devo dire che si sente tutto il gusto della frutta che si adopera ma dopo averle arrotolate nello zucchero cominciano a sudare e a sciogliersi. Secondo il mio parere sono buonissime anche senza zucchero. Ho provato a metterle nei sacchettini perché volevo regalarle, non ho messo lo zucchero per il problema detto prima ma si sono appiccicate. Adesso con questa nuova ricetta sono veramente il top.

Caramelle ai lamponi (o altra frutta che non si spreme): ingredienti per 20 caramelle circa

  • 200 gr di polpa e succo di lamponi
  • 150 gr zucchero semolato
  • 5 gr agar agar

Procedimento

Per fare le caramelle gelèe con i lamponi che è una frutta che non si può spremere, sarebbe opportuno utilizzare un passaverdura o una centrifuga. C’è dello scarto, infatti per ricavare 200 gr di polpa di lamponi ho utilizzato 300 gr di frutta. Per evitare di sentire in bocca gli sgradevoli semini, ho passato poi la polla con un colino a maglie semi fini. 

Mettete la polpa e succo di lamponi in un pentolino con lo zucchero, fatelo scaldare a fuoco lento mescolando per circa 10 minuti finché lo zucchero si sarà completamente sciolto, poi aggiungete l’agar agar e mescolate energicamente finchè si sarà sciolto completamente anche lui.

Togliete dal fuoco e mettete negli stampini a solidificare per almeno 1 ora. Se preferite, appena è freddo, mettetelo in frigorifero ma l’agar agar si solidifica anche a temperatura ambiente.

IL PROCEDIMENTO POI È UGUALE PER TUTTE LE RICETTE 

Caramelle alla coca cola  : ingredienti per 20 caramelle circa

  • 200 ml di coca cola
  • 150 gr zucchero semolato
  • 1/2 limone (succo)
  • 1 e 1/2 cucchiaino di bicarbonato
  • 5 gr agar agar

Caramelle agli agrumi misti : ingredienti per 20 caramelle circa

  • 200 ml di succo di agrumi (io ho usato arancio, limone e clementine)
  • 150 gr zucchero semolato
  • 5 gr agar agar

Caramelle digestive, brucia grassi 

  • 250 ml di acqua 
  • 5 gr di curcuma
  • 5 gr di zenzero 
  • 5 gr di cannella 
  • 5 gr agar agar
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mercoledì 16 agosto 2017

Intolleranze alimentari in tarda età

Intolleranze alimentari in tarda età


Uno dei vantaggi della “giovane età” è proprio quello di riuscire a tollerare qualsiasi alimento: dal più grasso al più dolce, dal più calorico al più lavorato. Insomma…la classica condizione di chi “digerisce anche i sassi!”. Molte persone portano avanti questa capacità anche col passare degli anni, ma molte altre no, scontrandosi con reazioni avverseconseguenti all’ingestione di determinate componenti alimentari.

Oggi sempre più persone accusano difficoltà digestive, eruzioni cutanee o altre risposte pseudo allergiche che comportano l’intervento di una cura farmacologica capace di tamponare tale problematica. Mediamente i sintomi tendono a comparire nell’età adulta, ma in soggetti particolarmente sensibili possono comparire anche molto prima (20-30 anni). Stiamo forse parlando di qualche allergia?

La risposta non è semplice, poiché con troppa facilità oggi si tende a definire una qualsiasi problematica digestiva con il termine di “allergia alimentare” o “intolleranza alimentare”, termini che in realtà indicano situazioni ben diverse e specifiche. Facciamo un po’ di chiarezza a riguardo.

Le reazioni negative agli alimenti possono essere causate da allergia alimentare o intolleranza alimentare, anche se in molti casi derivano da una semplice intossicazione alimentare di tipo microbico o da un’avversione psicologica al cibo.

L’allergia alimentare è una reazione avversa (in questo caso ad alimenti) che coinvolge il sistema immunitario. A scatenare la reazione è una proteina presente nell’alimento che, sebbene sia del tutto innocua per la maggior parte delle persone, in alcuni soggetti finisce per comportarsi da allergene, innescando una catena di reazioni del sistema immunitario tra cui la produzione di anticorpi. Gli anticorpi determinano il rilascio di sostanze chimiche organiche, come l’istamina, che provocano vari sintomi: prurito, naso che cola, tosse o affanno. Fortunatamente, la maggior parte delle risposte allergiche agli alimenti è relativamente lieve ma in un numero limitato di persone si verifica una reazione violenta che può essere letale e che prende il nome di anafilassi. Tra gli allergeni alimentari più comuni vi sono il latte vaccino, le uova, la soia, il grano, i crostacei, la frutta, le arachidi e vari tipi di noci.

Le allergie alimentari sono spesso ereditarie e vengono in genere diagnosticate nei primi anni di vita. Le stime effettive sull’incidenza delle allergie alimentari sono decisamente inferiori alla percezione della gente. Anche se da una su tre persone circa crede di soffrirne, in realtà le allergie alimentari sono scarsamente diffuse. Sulla base di tali studi, è stato stimato che le allergie alimentari si manifestano nel 1-2% circa della popolazione adulta. Nei bambini, il dato sale al 3-7%, anche se, nella maggior parte dei casi, l’allergia viene superata con l’età scolare.

L’intolleranza alimentare, invece, non coinvolge il sistema immunitario: si tratta di un mal funzionamento metabolico a carico di uno o più organi. Un tipico esempio è l’intolleranza al lattosio: le persone che ne sono affette hanno una carenza di lattasi, l’enzima digestivo che scompone lo zucchero del latte.

In realtà negli ultimi anni c’è stato un sensibile aumento delle “intolleranze alimentari”- definite tali in quanto assente una risposta immunitaria vera e propria – tutte accomunate da una condizione di Leaky-gut-sindrome (sindrome della permeabilità intestinale). Tale sindrome, oggetto di studio da ormai diversi anni, deriva da un epitelio gastro-intestinale funzionalmente anomalo dove i microvilli -che normalmente permettono la digestione fisiologica e l’assorbimento selettivo dei micronutrienti – perdono la capacità selettività, permettendo il passaggio di macro-molecole attraverso la barriera gastro-intestinale: tali molecole, di dimensioni maggiori alla norma, entrano così nel circolo sanguigno e vengono identificate come non-self dal nostro sistema immunitario, scatenando così unga risposta immunologica.

Nella maggior parte dei casi, queste “intolleranze” hanno sintomatologia lieve (nausea, diarrea, crampi allo stomaco, gonfiore addominale, insonnia) e sono reversibili (a differenza dell’allergia dove invece l’alimento va eliminato del tutto): studi dimostrano che ripristinando la corretta funzionalità della barriera gastrointestinale del soggetto, i sintomi di intolleranza verso uno o più alimenti può scomparire/arrestarsi. Le prove a sostegno di tutto ciò sono ancora incomplete, ma sono abbastanza solide da incoraggiare i ricercatori a proseguirne il cammino intrapreso.

Nel corso dell’ultimo decennio, c’è stata una crescente attenzione alle tight junction (complessi proteina-proteina importante per il funzionamento della barriera g.i.), in quanto la loro alterazione determina un’interruzione della funzione di barriera g.i. che contribuisce a favorire reazioni immunologiche (malattie autoimmuni ed infiammatorie, croniche o sistemiche, quali allergie alimentari e celiachia). Ad alterarne la funzione sarebbero tutti inquinanti biologici/chimici, interagiscono negativamente con la matrice proteica delle tight junction alterandone la conformazione e quindi aumentandone la permeabilità agli agenti esterni.

Dunque, per farla breve, un’allergia alimentare si diagnostica fin dai primi anni di vita e comporta una risposta del sistema immunitario: tale reazione non dipende dalla “dose” di alimento ingerito, basta una piccola quantità per scatenare la risposta allergica. Un’intolleranza alimentare, invece, compare con l’avanzare dell’età come conseguenza di abitudini alimentari (e non) scorrette o situazioni patologiche che compromettono la fisiologia di uno o più organi: tale condizione, se protratta nel tempo, può compromettere la tolleranza verso un alimento o una classe di alimenti.

La sintomatologia è in parte comune ad entrambe le condizioni (allergia e intolleranza), dunque per poterle distinguere è molto importante esaminare la storia della sintomatologia ed eventuali correlazioni con lo stato di salute dell’individuo. Se i sintomi compaiono in tarda età, molto probabilmente si tratterà di un’intolleranza derivante da abitudini alimentari scorrette o situazioni patologiche pregresse. Un classico esempio è la sensazione di gonfiore addominale dopo i pasti, oppure una tensione addominale che aumenta verso sera. Non è raro il famoso “reflusso gastroesofageo” o l’acidità di stomaco, che di solito comportano il ricorso a farmaci inibitori di pompa (con controindicazioni importanti). Non dimentichiamo il mal di testa, la stitichezza, l’orticaria, i crampi, la diarrea… tutti sintomi di un funzionamento anomalo del sistema digestivo.
Cosa accomuna tutti questi sintomi?

Abitudini alimentari errate, stile di vita stressante, situazioni emotive stressanti, organi funzionalmente compromessi. Cose ben difficili da riscontrare in individui giovani, dove lo stile di vita non ha ancora avuto tempo di crearsi situazioni “stressogene” per il corpo e gli organi digestivi lavorano a pieno delle loro forze.
Oggi, davanti ad una minima sensazione di intolleranza, le indagini si concentrano in primo luogo sul GLUTINE (proteina presente nel grano, nella segale, nell’orzo e nel farro). Sarà solo per “moda” o davvero la probabilità è così alta?

L’intolleranza al glutine è una disfunzione intestinale che si manifesta quando il corpo non tollera tale proteina. In base al grado di tolleranza, si distinguono una gluten sensitivity da una celiachia vera e propria, dove il consumo del glutine comporta un danneggiamento delle pareti di rivestimento dell’intestino tenue e conseguente riduzione della capacità di assorbire nutrienti essenziali quali grassi, proteine, carboidrati, minerali e vitamine. Nella celiachia si attiva un meccanismo autoimmune condizionato da una risposta adattativa del sistema immunitario, nella GS invece, c’è un meccanismo genetico che coinvolge il sistema immunitario innato, creando infezione a livello della mucosa intestinale ma senza alterarne la permeabilità (cosa che avviene invece nella celiachia).
Ad oggi non esistono test di laboratorio o istologici in grado di confermare questo tipo di “reattività”, di conseguenza si tratta di una diagnosi cui si giunge per esclusione; la diagnosi sarà seguita da una dieta con eliminazione del glutine ed un open challenge (una reintroduzione sorvegliata di alimenti contenenti glutine), per valutare se si verifica un effettivo miglioramento dei sintomi alla riduzione o eliminazione del glutine dalla dieta ed una ricomparsa dei disturbi alla reintroduzione di questa proteina alimentare.
I sintomi includono diarrea, debolezza dovuta a perdita di peso, irritabilità e crampi addominali. Nei bambini, possono manifestarsi sintomi di malnutrizione come, ad esempio, una crescita insufficiente. Attualmente, l’unico aiuto per i pazienti celiaci è una dieta priva di glutine. Escludendo tale sostanza dalla dieta, l’intestino si ripara gradualmente e i sintomi scompaiono.

Una corretta diagnosi delle allergie e delle intolleranze alimentari può essere effettuata mediante test scientifici di diverso tipo, ognuno con una modesta valenza. Non esistono attualmente test capaci di “accertare” un’intolleranza.
Se una persona ritiene di soffrire di reazioni allergiche a determinate sostanze alimentari, la prima cosa da fare è consultare il proprio medico per verificare che i sintomi non siano causati da un’altra malattia ed essere eventualmente indirizzato ad un allergologo o da nutrizionista capace di svolgere un’accurata analisi della sintomatologia e poter così indagare sull’eventuale intolleranza.

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