venerdì 28 febbraio 2014

Il cibo dei bodybuilder

Il cibo dei bodybuilder
 
CARNE
 
La carne è stato un alimento molto importante fino ai primordi dell’umanità. E’da milioni di anni che ci nutriamo di carne. La carne contiene proteine di valore biologico più basso del latte e delle uova, ma esse vengono sempre e comunque annoverate come proteine a valore biologico abbastanza alto.
C’è carne e carne però. Una pratica comune è quella di dividere le carni in “carni rosse” e “carni bianche. Le carni rosse sono maiale, vitello, cavallo, agnello, mentre le carni bianche sono rappresentate da pollo, tacchino, struzzo etc…
Le carni rosse normalmente hanno un contenuto lipidico più elevato delle carni bianche, ragion per cui contengono anche più colesterolo.
La quantità e la qualità proteica invece è pressoché la stessa sia per le carni bianche che per le carni rosse.
Il consiglio quindi è quello di consumare prevalentemente carni bianche, in quanto costituiscono un’ottima fonte proteica con pochi grassi e poco colesterolo.
Non bisogna però eliminare completamente la carne rossa dalla dieta. Dovete solo limitarla ed usufruirne maggiormente di questa nel periodo di massa, per suo contenuto calorico più elevato.
 
PESCE
 
E’ considerato da molti bodybuilder un’alternativa alla carne. Personalmente ritengo che il pesce sìa addirittura un’alternativa migliore. Innanzitutto il pesce è un’ottima fonte proteica. Le proteine del pesce hanno lo stesso valore biologico di quelle della carne. Però la vera differenza tra questi due alimenti sta nel contenuto di grassi. Mentre la carne contiene grassi prevalentemente saturi e quindi dannosi per la salute del nostro sistema cardiovascolare, il pesce contiene una buona dose di acidi grassi polinsaturi, che invece sono cardioprotettori. Basti pensare agli acidi grassi omega-3 contenuti in molti tipi di pesce. Un pesce molto rivalutato da noi bodybuilder è il salmone proprio per il contenuto di tale tipologia di acidi grassi. Il salmone è un “pesce grasso” ed è quindi più calorico del pesce normale, e tali calorie provengono sia dalle proteine che tale alimento contiene, che dai grassi polinsaturi della classe omega-3.
Un altro pesce molto valido per la sua praticità è il tonno. Il tonno al naturale in scatola è una fonte proteica di pronto uso. L’unica pecca è il suo alto contenuto di sodio, il che ne fa un alimento poco adatto per la definizione in quanto il sodio provoca ritenzione idrica, che non è il massimo per chi agogna ad avere un aspetto “tirato”.
 
OLIO D'OLIVA
 
L’olio d’oliva è una delle migliori fonti di grassi nella dieta. L’acido oleico contenuto nell’olio d’oliva infatti è un acido grasso monoinsaturo. Tale tipologia di grassi ha effetti benefici per la riduzione del colesterolo, in quanto aumenta i livelli delle HDL (High Density Lipoproteins) che svolgono un ruolo benefico nella riduzione del colesterolo appunto e anche nella protezione e nella salute di tutto il nostro sistema cardiovascolare.
I grassi saturi invece aumentano i livelli di LDL(Low Density Lipoprotein) che tendono a formare nel vaso sanguifero delle placche che induriscono il vaso e ne provocano la rottura. Inutile dirvi il danno che possa provocare la rottura di un vaso.
Il migliore olio è l’olio extravergine d’oliva che è l’olio che nasce dalla prima spremitura delle olive. La qualità dell’olio quindi è molto importante perché ne influenza le benefiche proprietà.
L’olio d’oliva però è un’arma a doppio taglio, in quanto le alte temperature sono in grado di idrogenarlo e di convertirlo di conseguenza in un grasso saturo. Da qui il consiglio di non consumare fritti di alcun genere. L’olio d’oliva è sempre preferibile usarlo a crudo.
Inoltre esso fornisce un’ottima fonte di calorie ed è adatto per chi vuole aumentare anche di molto il proprio introito calorico senza però appesantirsi e rimpinzarsi troppo. Questo costituisce un notevole vantaggio per tutti quei bodybuilder che non riescono ad assumere la giusta quota calorica per crescere, in quanto non riescono ad introdurre un grosso volume di cibo.
 
FRUTTA SECCA
 
Anche la frutta secca è un’ottima fonte di grassi monoinsaturi al pari dell’olio d’oliva. Sono quindi grassi buoni, i cui effetti li abbiamo già esaminati prima.
Molta frutta secca inoltre come le noci contengono una notevole quantità di vitamina E che è un antiossidante per eccellenza. Gli antiossidanti svolgono una benefica funzione contro i radicali liberi, che sono proprio prodotti da un eccesso di attività fisica. Al bodybuilder conviene sfruttare questo discorso poiché i radicali liberi sono quelli che hanno maggiore influenza nel processo d’invecchiamento. La frutta secca è molto calorica, per cui anch’essa è consigliata a chi vuole aumentare il proprio introito calorico senza però introdurre una grande quantità di cibo.
I grassi contenuti nella frutta secca tra cui l’acido arachidonico inoltre sono in grado di promuovere il rilascio dell’ormone colecistochinina (CCK) che è un ormone che induce il senso di sazietà. Tale alimento è consigliato quindi caldamente anche in definizione, senza esagerare ovviamente e con le dovute cautele.

LEGUMI
 
I legumi costituiscono una delle migliori fonti di carboidrati insieme alla frutta. A differenza di pane,pasta,patate,banane, i carboidrati dei legumi presentano un basso indice glicemico, il che ne fa un alimento particolarmente consigliato per chi come noi bodybuilder richiede un’energia lunga e costante per tutto il workout. Senza contare poi che i carboidrati dei legumi non sono sottoposti a raffinazione come quelli di pane e pasta, per cui i legumi mantengono un’alta quantità di vitamine del gruppo B, che hanno un ruolo importante nel metabolismo energetico. Questo spiega il fatto per cui la pasta è priva di sostanza nutritive:è un prodotto sottoposto a lavorazione dell’uomo. I legumi invece si mangiano così come si trovano in natura, per cui sono un alimento di gran lunga più genuino.
I legumi contengono anche una buona percentuale proteica. Ma queste proteine sono di basso valore biologico, per cui non verrebbero utilizzate tutte per il processo di sintesi muscolare. Ma se tali proteine si associano ad una fonte di cereali ecco che si può “creare” una proteina di valore biologico analogo alla carne. Ecco perché i legumi associati ad una fonte di cereali costituiscono un pranzo completo.
Alcuni svantaggi dei legumi derivano dalla loro scarsa digeribilità. Vi consiglio quindi di non esagerare con le porzioni. Cercate di consumare almeno una porzione di legumi 2 volte la settimana. I migliori sono fagioli, ceci, lenticchie, piselli, fave. Sono tutti legumi di facile reperibilità e soprattutto di basso costo.
 
FRUTTA
 
Un’altra ottima e validissima fonte di carboidrati. La frutta contiene uno zucchero,noto sotto il nome di fruttosio. Il fruttosio è si uno zucchero semplice, quindi un monosaccaride, ma ha un indice glicemico molto basso (32). La frutta andrebbe quindi assunta soprattutto prima del workout, per assicurarci livelli di energia stabili senza picchi insulinici, che determinerebbero un vistoso calo della prestazione. La frutta inoltre contiene una notevole quantità di vitamine. Ogni tipo di frutto ha un suo proprio contenuto vitaminico per cui il consiglio è sempre quello comunque di variare. Se la frutta è di stagione, questa mantiene ancora più intatto il suo contenuto vitaminico. Molti tipi di frutta inoltre, quali mele e pere, hanno un alto contenuto di fibre. Le fibre della frutta sono fibre solubili, che nello stomaco tendono a formare una sorta di gel che limita anche l’assorbimento di grassi da parte dell’intestino. Senza contare poi che le fibre sono importantissime per una corretta funzionalità dell’intestino. Esse sono infatti le nostre “ scope biologiche” che sono in grado di rimuovere tutte le scorie tossiche che si depositano nell’intestino per via della degradazione degli alimenti. Per questo le fibre sono utilissime per la prevenzione di alcune patologie mortali quali tumore al colon e di malattie del colon-retto.
Uno svantaggio della frutta è la sua scarsa digeribilità soprattutto se assunta subito dopo i pasti. Infatti se mangiata in questo periodo può dare luogo a fenomeni di fermentazione intestinale, che producono effetti poco gradevoli, quali per esempio meteorismo. Comunque non tutta la frutta presenta un indice glicemico basso. Anzi la frutta tropicale normalmente presenta un alto indice glicemico come per esempio le banane, che sono ampliamente consigliate invece dopo il workout per ristabilire le scorte di glicogeno esauritesi con l’allenamento.
 
VERDURA
 
Concludiamo il nostro articolo con l’ultimo alimento molto valido nella dieta di un bodybuilder: la verdura. La verdura è un alimento che contiene pochi carboidrati a basso indice glicemico, fatta eccezione per le patate. Nessun alimento come la verdura ha un così alto contenuto di vitamine e minerali, anche se le loro quantità e qualità dipendono dal tipo di verdura. Per cui anche qui la varietà è d’obbligo. Alcuni tipi di verdura contengono poi antiossidanti che prevengono l’azione dei radicali liberi come avevamo già detto nella prima parte del nostro articolo. Un esempio sono le carote che contengono un’elevata quantità di betacarotene o vitamina A. La verdura al pari di alcuni tipi di frutta ha un elevato contenuto di fibre solubili, il cui ruolo abbiamo già avuto occasione di esaminarlo. E’ consigliabile assumere la verdura cruda(lavata accuratamente), in quanto la cottura provoca la dispersione di una buona quantità di vitamine e minerali.
Normalmente la verdura è poco calorica(eccetto le patate). Ma è sempre troppo facile renderla calorica con l’aggiunta di molti condimenti e intingoli vari, spesso per renderla più gustosa. Il fatto è che questi intrugli contengono comunque una quantità eccessiva di calorie. Meglio quindi condire la verdura con del limone o aceto e qualche cucchiaio d’olio.


domenica 23 febbraio 2014

L'importanza dello SCARICO

Molto spesso dimenticato, ignorato e sottovalutato in tutte le palestre è lo Scarico.

In cosa consiste? Consiste nella capacità di permettere al nostro corpo di recuperare al meglio da un intenso e prolungato lavoro (mesociclo-macrociclo), a volte però c'è bisogno di riposo anche solo dopo un breve ed intenso lavoro (microciclo).

Le caratteristiche intrinseche di questo recupero che sono site nello scarico sono da ricercare nel principio di Supercompensazione.

Oltre a risolvere questo principio e aumentando così forza e possibile massa, lo scarico serve anche per recuperare a livello articolare e psicologico.

Chi conosce questo sistema e lo utilizza correttamente, sa bene i vantaggi che si possono trarre da esso.

Ma per capire meglio di cosa sto parlando vi illustro le principali modalità utilizzate.

Le prime due saranno quelle più discusse e ritenute come punto di riferimento in tutto l'articolo.

Scarico Ciclico Parziale

Ogni nostra routine è composta normalmente con un minimo di una - due sedute settimanali.

Scegliamo ipoteticamente comunque una routine di due sedute A e B.

Se attuiamo uno scarico ciclico 3:1 tanto per fare un esempio, significa che faremo 3 cicli intensi ed uno di scarico parziale.

Ogni ciclo è composto nel nostro esempio da due sedute di allenamento A e B.

Una volta eseguiti questi 3 cicli intensi faremo quello di scarico che sarà composto comunque dalle sedute A e B, ma i carichi utilizzati in esse saranno ridotti dal 20 al 35 % circa.

La percentuale di scarico è arbitraria anche se consiglio normalmente il 30-35%.

I recuperi tra le serie allenanti di ogni seduta e le sedute stesse rimangono invariati.

Talvolta si accelerano i tempi perché i carichi sono leggeri, ma così facendo, lo scarico non è fatto bene; infatti diminuendo i riposi tra le serie e le sedute, l'intensità e il volume possono aumentare.

A meno che non si voglia ciclizzare il mesociclo-macrociclo e le sedute con diverse percentuali di carico, opteremo sempre per un carico del 100%  allenante per avere un'intensità massima.

Perché ho parlato prima di recupero muscolare, articolare e psicologico? Proprio perchè staccare dai cicli intensi ci ricarica e ci migliora  a livello muscolare (Supercompensazione); articolare, perché permette ai nostri tendini e strutture articolari in generale di riposare dal continuo stress intenso al fine di non causare un qualunque infortunio; psicologico, poiché spingere sempre al massimo a livello mentale non è di certo una gioia e questo non riposo può portare ad un sistematico calo dell'intensità.

Normalmente nel Body Building il periodo di scarico è scarsamente utilizzato quando invece questa attività è quella di cui si ha più bisogno.

È un paradosso che nel BB, contrariamente ad altri sport, come il calcio, tanto per citarne uno, ci sia riposo muscolare e articolare, totale o parziale.

Sottolineo che i cicli 3:1 sono solo un esempio; infatti in base all'ntensità sviluppata, alle capacità di recupero e all'alimentazione è possibile anche aumentare ad un massimo consigliato di 4 cicli intensi e uno di scarico (4:1), ma è anche possibile diminuire ad un 2:1 o 1:1, quest'ultimi consigliati per atleti avanzati che lavorano costantemente con grandi carichi. 

Scarico Ciclico Totale

Lo scarico ciclico totale ha lo stesso funzionamento di quello parziale solo che nel ciclo di scarico invece che percentualizzare il carico si fa invece uno stop assoluto senza allenarsi, di 5-14 giorni.

Questo ciclo di stop può essere al fine delle prestazioni e della crescita muscolare più produttivo dei cicli parziali sempre secondo i principi della Supercompensazione.

Se vi allenate seguendo lo scarico parziale sopra descritto consiglio comunque uno scarico totale almeno ogni 3-4 mesi di allenamento. 

Scarico al 15%

Questo tipo di scarico molto consigliato. Consiste nello scaricare il carico limite di un 15% solo quando dopo un periodo di stallo prolungato non riusciamo più ad incrementare nè  carichi o ripetizioni, naturalmente con la perfetta forma di esecuzione.

Una volta applicato lo scarico del 15% ritorneremo ai pesi di prima, lentamente e progressivamente nell'arco di uno-due mesi di allenamento per poter poi avere la possibilità di superare di nuovo i vecchi limiti.

Scarico con aumento dell'infrequenza

Consigliato invece molto nella metodica Heavy Duty di Mentzer questo non è un vero e proprio scarico, bensì si aumentano le fasi del recupero distanziando maggiormente con ore o giorni le nostre sedute di allenamento arrivando ad una infrequenza tra un allenamento e l'altro anche di 14-15 giorni.

Naturalmente questo è un discorso molto avanzato che è rivolto solo ad atleti che si allenano con un'intensità elevatissima, veramente pochi nella maggior parte delle palestre soprattutto commerciali.

Inoltre questa tipologia di recupero va molto calibrata anche in base alla scheda di allenamento che si segue.

Se l'allenamento è un classico Heavy Duty allora questo sistema di recupero, per quanto sia da personalizzare, è alquanto valido, ma se lo applicate ad un classico allenamento Split potreste avere dei cali di forza per via del troppo tempo di recupero tra i distretti muscolari.

Quindi attenzione e afferrate il concetto.

Scarico Totale di 30 giorni

 Lo scarico Totale Annuale è invece un consigliato periodo di stop assoluto di circa 30 giorni.

Allenarsi tutto l'anno nonostante i periodi di scarico nelle diverse forme è comunque dura.

Interrompere gli allenamenti per circa 30 giorni e non più, secondo me una prassi da seguire per rendere produttivi i nostri allenamenti e ricaricarci fisicamente e psicologicamente.

Se siete degli agonisti che devono periodizzare l'allenamento in funzione di gare, manifestazioni o altro allora scegliete durante l'arco dell'anno un periodo che vi possa permettere di applicare ciò.

Ne trarrete beneficio, ve lo assicuro.

Se invece siete amanti dell'allenamento ma non partecipate a gare, allora cercate anche voi un momento durante l'anno per compiere questo stop.

Cercate magari la scusa di una vacanza o la ridotta attività della palestra che frequentate, di solito in estate, e riposatevi soprattutto mentalmente.

Un po' di stacco dalla solita routine è d'obbligo e vi farà bene, e non soltanto in questa attività.

Molte persone che si affacciano all'allenamento con i pesi, sono i primi tempi totalmente immerse in  esso; fanno due-tre anni senza mai staccare un solo giorno, poi iniziano a stancarsi, per la mancanza di buoni risultati causati dal non recupero e dall'appesantimento psicologico.

Dopo una stagione tirata al massimo la voglia di allenarsi difficilmente rimane quella dell'inizio, ecco perchè questo periodo è vitale per una ricarica.

Non vi preoccupate, se avete fatto un buon lavoro e non vi siete ingozzati in modo improprio di integratori, allora i vostri muscoli non solo non si sgonfieranno, ma forse cresceranno anche, sempre per la risoluzione è massima è del principio di Supercompensazione.

È vero però che in questo periodo di stop avrete senz'altro una perdita di forza, ma non disperate, con un adeguato ricondizionamento ritornerete più forti di prima.

CONCLUSIONI TECNICHE

In definitiva perchè attuare lo scarico? Perché attuarlo è solo un vantaggio per noi e per il nostro allenamento progressivo.

Voglio sottolineare in maniera teorica la particolarità del principio di Supercompensazione.

Innanzitutto questo principio è preceduto dalla fase di Compensazione e seguito dalla fase di Decompensazione.

In altre parole la Compensazione è a fase di ricostruzione muscolare e di forza pari a quando abbiamo sostenuto l'ultimo allenamento.

La Supercompensazione come ho già detto all'inizio è l'umento prestazionale e l'aumento delle possibilità sul meccanismo di ipertrofia/iperplasia.

La Decompensazione invece è la parte finale di questo principio dove si vanno a decrementare i progressi ottenuti durante il periodo di Supercompensazione.

In questo caso se la Decompensazione non è eccessiva si perde solo una frazione di forza rispetto a quella guadagnata o precedentementa raggiunto.

Ho spiegato in termini semplicistici questi concetti però riguardano troppo da vicino lo scarico nelle sue diverse forme e quindi capire almeno il concetto è importante.

Recuperare va bene, e va seguito come dogma, ma attenzione a non recuperare troppo o troppo poco, altrimenti saremo nella zona Compensazione o Decompensazione.

Mi è capitato più volte di suggerire ad atleti 5-10 giorni di scarico totale senza per questo riuscire ad aumentare le prestazioni di forza.

Dov'era l'errore? Un atleta in base anche all'intensità di allenamento, volume, recupero, sonno, alimentazione e genetica, può benissimo recuperare supercompensando in soli 5 giorni, che ritengo valido come periodo minimo di scarico totale. Altri invece hanno bisogno di più tempo.

L'errore, a volte, non è quindi dare meno tempo al recupero, ma è darlo troppo.

Se l'atleta doveva scaricare 10 giorni, magari in 7-8 supercompensava, ma nei restanti due giorni di riposo andava in Decompensazione rendendo inutile lo scopo dello scarico, e a volte purtroppo, se la Decompensazione era troppo avviata rispetto al picco Supercompensativo (quando ci si deve allenare nuovamente), si verificava una regressione prestazionale rispetto all'ultima seduta di allenamento.





sabato 22 febbraio 2014

Allenamento per la massa muscolare, L'importanza del recupero

Allenamento per la massa muscolare, L'importanza del recupero

L'incremento della massa muscolare nella quasi totalità dei casi è strettamente legata a soli fini estetici, a tal proposito occorre procedere con attenzione per ottenere la corretta simmetria tra i vari gruppi muscolari valutando i punti carenti su cui concentrarsi nelle prime fasi del ciclo d'allenamento. Il modello classico di allenamento per la massa muscolare, ben conosciuto dai devoti del body building, è rappresentato da sei settimane di allenamento seguite da un periodo di riposo, che nello standard è definito da una settimana, ma che naturalmente può variare in base all'intensità di allenamento e alle caratteristiche soggettive di recupero.

L'importanza del recupero
Il periodo di recupero custodisce un'importante fase attiva di crescita muscolare; infatti in seguito agli eventi stressanti subiti nelle settimane precedenti dove l'intensa attività del tessuto muscolare provoca un continuo lavoro che nello specifico si traduce con microlesioni tendinee e muscolari e continue alterazioni dell'omeostasi cellulare indotte dall'attività di contrazione in fase anaerobica. 
Durante le sei settimane il tessuto muscolare viene quindi continuamente sottoposto a stress ed i brevi intervalli di ricupero, generalmente costituiti da uno o due giorni, non garantiscono un recupero completo, perciò risulta necessario un tempo più lungo che consenta non solo il ripristino delle condizioni iniziali ma nel rispetto della teoria della supercompensazione il tessuto si preparerà ad affrontare eventi stressanti di maggiore intensità.

Lo scopo principale dell'allenamento è quello di indurre cambiamenti biochimici all'interno delle cellule muscolari, tali alterazioni sono la causa della crescita muscolare, infatti tra gli adattamenti biologici a cui la cellula va incontro troviamo un incremento della tonicità dovuta ad progressivo accumulo di elementi ad alto potere osmotico. La maggior tonicità si traduce con un maggiore volume del muscolo determinato perlopiù dalla presenza di fluidi.
Quanto appena descritto trova riscontro nel fatto che spesso la forza in molti praticanti di body building non appare proporzionata al volume dei loro muscoli, ciò è da imputarsi esclusivamente alla tipologia di allenamento con carichi inferiori al massimale ma con serie portate fino all'esaurimento.
Possiamo quindi assumere che l'allenamento finalizzato all'aumento della massa muscolare è contraddistinto da set con un carico inferiore al carico massimale, tale da portare il muscolo ad esaurimento alla 10 ripetizione, ciò è fondamentale da comprendere; per ottenere un incremento del volume del muscolo è necessario che questo esaurisca durante lo sforzo tutte le sue riserve di energie, che nella fase anaerobica è rappresentata dall'ATP e dalla fosfocreatina (CP). Il completo svuotamento delle riserve energetiche stimola la cellula ad accogliere nuove molecole per ripristinare le proprie scorte energetiche, questo provoca un innalzamento della fosfocreatina ed un generale stimolo al metabolismo proteico (ipertrofia).


venerdì 21 febbraio 2014

Combatti lo stress con l'attività fisica

Combatti lo stress con l'attività fisica

Qual e' l'allenamento migliore per ridurre lo stress e controllare le emozioni? Quante volte eseguirlo? 

Prima di tutto, scegli un'attività che ti piaccia davvero, perché sarai stimolato a seguirla per più tempo. Quando l'interesse è veicolato dal piacere nello svolgere un compito, lo si svolge per durata e frequenza maggiori rispetto ad attività di scarso interesse.

Se ti piace isolarti dalla frenesia della giornata, evita piscine affollate e concediti una corsa nel parco. Viceversa, se ti piace vedere tanta gente e scambiare qualche chiacchera perché non andare in palestra?
Scegli attività che non siano competitive. Sebbene il confronto e la competizione abbiano dei vantaggi e funzioni positive, esse potrebbero dimostrarsi dannose sei hai una natura competitiva e una partita a calcetto o un match a tennis potrebbero diventare dei catalizzatori di stress.
L'attività fisica, a differenza dello sport, non prevede competizione, e nelle persone estremamente competitive o altamente stressate, è preferibile.

L'effetto calmante delle attività aerobiche.
Le attività aerobiche quali la corsa, la camminata, il nuoto o il ciclismo, per effetto ciclico del gesto motorio hanno un effetto calmante.
Allo stesso modo, l'allenamento con i tapis roulant può aiutarti a scaricare stress e forti emozioni. 

Uno studio indica come i maratoneti abbiano un livello inferiore di testosterone, un ormone associato a elevati livelli di aggressività. 
Praticare attività aerobiche è consigliato in coloro che si percepiscono aggressivi. 
L'allenamento per lo sviluppo della forza promuove il testosterone, ma allo stesso modo aumenta la produzione di endorfine, delle molecole che inducono una sensazione di benessere. Entrambe le tipologie di esercizio quindi, quello aerobico e quello di forza presentano dei benefici, ed è molto probabilmente che i vantaggi maggiori si ottengano combinando entrambe le attività.

Quanto allenarsi
La frequenza ideale è determinata dal tuo tempo a disposizione ma ad ogni modo, anche se con sessioni di breve durata, fare esercizio ogni giorno è benefico. 
Le indicazioni generali suggeriscono almeno tre sedute settimanali di allenamento. 
Se hai la possibilità, cerca comunque di muoverti il più possibile, camminando o andando in bicicletta al luogo di lavoro, per fare la spesa, e per spostarti in città.



martedì 18 febbraio 2014

Indolenzimento muscolare a insorgenza ritardata, DOMS

Indolenzimento muscolare a insorgenza ritardata

Il DOMS è un acronimo del fenomeno che in lingua inglese viene denominato Delayed Onset Muscle Soreness, traducibile in italiano come Indolenzimento muscolare a insorgenza ritardata.
Il DOMS è un fenomeno che è stato a lungo associato ad un aumento dello sforzo fisico. Questo viene in genere riscontrato da tutti gli individui indipendentemente dal livello di allenamento, ed è una normale risposta fisiologica a sforzi maggiori, o lo svolgimento di attività fisiche a cui non si è abituati. Il dolore e il disagio associato ai DOMS solitamente raggiunge il picco tra le 24 e le 48 ore a seguito dell'esercizio fisico, e si estingue entro 96 ore. Generalmente, una percezione di dolore maggiore avviene con sforzi di maggiore intensità, e una più frequente esecuzione di attività sconosciute. Altri fattori che influiscono sulla formazione del DOMS sono la rigidità muscolare, la velocità della contrazione, la fatica, e l'angolo di contrazione. Al fine di minimizzare i sintomi e ottimizzare la produttività in un programma di allenamento fisico, è di vitale importanza comprendere i meccanismi che creano il DOMS.

Le cause del DOMS sono da ricercare nel danneggiamento delle miofibrille e connettivo perimuscolare. L'organizzazione della miofibrilla viene profondamente intaccata, si verificano: 

1. Alterazioni della permeabilità del sarcolemma, con deficit della pompa Na / K e conseguenti squilibri elettrolitici; 
2. Il Ph si abbassa creando un ambiente acido che attiva enzimi lisosomiali ad azione proteolitica; 
3. Lisi delle miofibrille; 
4. Innesco dell' infiammazione. 

Queste tappe precedono la riparazione e rigenerazione cellulare e quindi il processo di "CRESCITA MUSCOLARE ". 
La sintomatologia del DOMS è data dal: dolore legato a mobilizzazione attiva e passiva, edema (gonfiore) e rigidità muscolare. L'entità del dolore dipende anche dal tipo di contrazioni eseguite; le contrazioni concentriche ma soprattutto le eccentriche, o negative, sono quelle che producono il maggiore DOMS. Poco o nessuno dolore è stato osservato in seguito alle contrazioni isometriche. 

Il DOMS può rappresentare un valido strumento per valutare l'efficacia di un workout (breve e intenso) e calcolare i giusti tempi di recupero.Utilizzando i segnali lanciati dal DOMS è possibile allenarsi solo dopo aver supercompensato dal workout precedente evitando di incappare nella trappola del sovrallenamento. Ci si allenerà solo quando la sintomatologia del DOMS sarà completamente assente e ciò significa 1 workout ogni 4-6 giorni circa. Fisiologicamente non è esatto allenare un gruppo muscolare quando ancora persiste il DOMS di un altro muscolo; l'ideale (utopia per molti) sarebbe utilizzare una split doppia o tripla che permetta di allenare tutti i gruppi muscolari in un solo giorno e riposare (in compagnia del DOMS) per i successivi 6 giorni. Naturalmente la magia dell'ipertrofia e iperplasia si potrà realizzare se ai giusti tempi di riposo si assocerà una adeguata alimentazione. 


BCAA – Aminoacidi a catena ramificata

BCAA – Aminoacidi a catena ramificata

Ruolo biologico

Gli aminoacidi a catena ramificata (BCAA) quali Leucina, Isoleucina e Valina, appartengono alla categoria degli aminoacidi essenziali, quindi devono necessariamente essere introdotti attraverso l'alimentazione per soddisfare il fabbisogno giornaliero di ogni individuo. 
Fortunatamente la facile reperibilità dietetica di questi aminoacidi, ne sono infatti ricchi cibi come la bresaola e le carni in generale, alcuni legumi come i ceci ed i fagioli, pesce, latte e derivati, consente di soddisfare agevolmente anche le necessità biologiche più esigenti.
La grande importanza fisiologica dei BCAA sta nella loro capacità di saltare il metabolismo epatico e concentrarsi prevalentemente al livello muscolare dove vengono impiegati sia nelle fasi plastiche e ricostruttive che in quelle energetiche. 
Infatti durante un esercizio di bassa intensità, condotto circa al 30% della VO2 max (una camminata), il fegato e la milza incrementano significativamente la produzione di aminoacidi a catena ramificata che assunti dal muscolo con elevatissima avidità vengono prontamente ossidati per creare energia.
Carenze di questi aminoacidi, fortunatamente molto rare ma presenti in caso di grave denutrizione, si accompagnano ad una sintomatologia fortemente invalidante, caratterizzata da stanchezza e affaticamento cronico, perdita di massa muscolare e alterazioni significative del quadro ormonale.

Uso nella pratica sportiva

L'elevatissimo consumo di aminoacidi a catena ramificata da parte dei vari atleti, soprattutto per quelli di endurance come maratoneti e ciclisti o di potenza pura come culturisti e pesisti, quasi triplo rispetto quello di individui sedentari, riesce difficilmente ad essere soddisfatto dal normale introito alimentare, soprattutto in presenza di vincoli quali ad esempio limiti da gara per il peso corporeo, e richiede  pertanto un protocollo integrativo efficace. 
Al contrario della maggior parte degli altri prodotti utilizzati in ambito sportivo, i BCAA vengono assunti per colmare un deficit oggettivo indotto dall'intensa attività fisica, la cui presenza incide negativamente sia sulla performance che sullo stato di salute dell'atleta. 
E' chiaro quindi che un corretto protocollo di supplementazione, sostenendo l'integrità muscolare e le capacità energetiche dell'atleta potrà determinare un miglioramento evidente delle prestazioni atletiche prodotte, come osservato più volte in atleti di endurance, nei quali si è registrato un miglioramento dell'attività fisica di oltre il 14%, sia in termini di prestazioni che di tempo di esecuzione.
Più precisamente gli aminoacidi a catena ramificata sono in grado di :

Sostenere le capacità energetiche muscolari sia attraverso la diretta ossidazione sia mediante il rifornimento del ciclo glucosio-alanina;
Proteggere il muscolo dal danno indotto dall'esercizio fisico intenso, misurato attraverso la riduzione dei markers ematici di danno muscolare;
Ridurre la sensazione di fatica centrale, competendo con il triptofano per il trasportatore della barriera emato-encefalica e ritardando la produzione di serotonina, responsabile della “stanchezza” centrale;
Potenziare le capacità immunitarie dell'atleta e ritardare insieme alla glutammina la comparsa della sindrome da overtraining;
Modulare il profilo ormonale verso la via anabolica, come osservato in alcuni studi dove in seguito alla supplementazione con BCAA per 8 settimane e all'allanamento intenso, si è registrato un incremento dei livelli di testosterone e GH;
Migliorare la fase di recupero, ripristinando le strutture muscolari lese e in concomitanza a carboidrati incrementare sensibilmente i livelli di sintesi proteica, diminuiti significativamente durante l'attività fisica.

Dosaggi

Un corretto protocollo integrativo dovrebbe essere poter stabilire la quota di BCAA da integrare, solo dopo aver stimato la quota di aminoacidi a catena ramificata ossidati durante l'attività fisica e quelli introdotti attraverso l'alimentazione.
Questa pratica al quanto dispendiosa in termini temporali e pratici viene comunemente sostituita dall'assunzione forfettaria di 100 mg ogni kg di peso corporeo, che seppur in grado di soddisfare i fabbisogni più esigenti, difficilmente riesce a coprire le necessità di un atleta di endurance durante le sue prestazioni. 
Particolarmente importante in questo caso è il timing di assunzione, dato che l'introduzione pre-allenamento potrebbe rivelarsi importante principalmente per ostacolare l'insorgenza della sensazione di fatica e magari sostenere le capacità energetiche ( in questo caso sarebbe meglio ricorrere a carboidrati a basso indice glicemico), mentre quella post allenamento risulterebbe fondamentale nel sostenere la fase di recupero, permettendo un cambiamento di direzione dalla proteolisi verso la proteosintesi, più intensa se accompagnata dall'assunzione di carboidrati.


Esistono evidenze scientifiche secondo le quali l'integrazione di Amminoacidi a catena ramificata può risultare utile per:

stimolare la sintesi proteica favorendo lo sviluppo muscolare indotto da attività fisiche di potenza, aumentando la massa magra ( + massa muscolare ) a scapito di quella grassa (riduzione del grasso corporeo);
migliorare il recupero dopo un intenso sforzo fisico;
aumentare la forza massima, la forza resistente e la potenza muscolare;
aumentare le performance atletiche in sport di durata, prevenendo il catabolismo muscolare e fornendo un surplus energetico al muscolo in attività;
ridurre la sensazione di affaticamento muscolare, aumentando la resistenza a sforzi fisici intensi;
ridurre l'appannamento mentale da affaticamento, migliorando la resistenza psicologica alla fatica
ridurre e prevenire i DOMS (dolori muscolari post-esercizio) ed il catabolismo muscolare;
potenziare le difese immunitarie dell'organismo;
risultano di facile assimilazione e non sovraccaricano il sistema digerente (che durante l'esercizio fisico è scarsamente attivo, dal momento che la maggior parte del flusso sanguigno irrora i muscoli).
in campo medico, l'integrazione con amminoacidi ramificati può essere utilizzata per prevenire la perdita di massa muscolare derivata da periodi di immobilizzazione forzata, nel trattamento di stati cachettici, degli ustionati o delle persone che hanno subito grossi traumi fisici


lunedì 17 febbraio 2014

Fare l’acqua alcalina in casa

Fare l’acqua alcalina in casa

cose di cui si ha bisogno:

un gallone (3.79 l) di acqua

1/ 2 cucchiaio di bicarbonato di sodio

Kit per il test del pH

1. Riempire un contenitore della capacità di un gallone con acqua o dal rubinetto o da un’altra fonte attendibile.
L’acqua del rubinetto di alcune aree degli Stati Uniti risulta al di sotto dei livelli standard, per questo è necessario accertarsi che l’acqua sia di alta qualità per alcalinizzarla.

2. Verificare il pH dell’acqua con un kit per il test reperibile presso un negozio di alimentari o un rivenditore per piscine. Le strisce reattive vanno utilizzate, non per conoscere il pH esatto, ma se si tratta di acqua maggiormente acida o basica.
Se la striscia, una volta immersa, diventa rossa, l’acqua è acida. Se diventa blu, l’acqua è già alcalina.

3. Aggiungere 1 / 2 cucchiaio di bicarbonato di sodio con un litro di acqua. E’ meglio usare bicarbonato di sodio per alimenti.
Se si hanno problemi di pressione arteriosa, il bicarbonato di potassio per alimenti si offre come valido sostituto. Questa sostanza è disponibile presso rivenditori di prodotti per il vino.
Mescolare o agitare il contenitore per sciogliere il bicarbonato di sodio. Quando la miscela è completa, bisogna analizzare di nuovo l’acqua per vedere se è alcalina.
Se l’acqua è ancora acida, è necessario aggiungere un ulteriore 1 / 2 cucchiaio di bicarbonato e ripetere il processo di dissoluzione del bicarbonato in acqua. Testare di nuovo l’acqua per assicurarsi che sia alcalina.
Se l’acqua risulta ancora acida dopo l’aggiunta di bicarbonato per due o tre volte, è necessaria una fonte di acqua più salubre.


Uomo o donna: la “pancetta” non è uguale per tutti

Uomo o donna: la “pancetta” non è uguale per tutti

Quasi il 10% degli italiani soffre di “pancia gonfia”. Nonostante sia un disturbo molto fastidioso, in Italia è ancora sottovalutato e sono ben poche le persone che chiedono aiuto al proprio medico, farmacista o naturopata di fiducia. Colpisce maggiormente le donne, in particolar modo dopo aver mangiato, in periodi di stress intenso e qualche giorno prima del ciclo. Viene percepita una costante sensazione di pienezza che può derivare, nella maggior parte dei casi, da un accumulo di liquidi o aria nell’intestino, più raramente da grasso addominale. Per quanto riguarda gli uomini, invece, la causa della pancia gonfia è quasi sempre un eccesso di adipe che si concentra nella zona del ventre, con conseguente fastidioso gonfiore.

I sintomi e le cause

Chi ha la pancia gonfia si sente appesantito, non riesce a respirare profondamente (cosa fondamentale per ossigenare tutto l’organismo) e ha la sensazione di essere intasato fin dai primi bocconi. Ma, quel che è peggio, questi problemi con il tempo non passano, anzi tendono ad aggravarsi. Molte persone, inoltre, lamentano un rigonfiamento addominale dopo i pasti dovuto al gas prodotto in eccesso dal processo di digestione di alcuni cibi (come i legumi o la frutta consumata a fine pasto).

Le origini del disturbo sono il transito intestinale lento (stitichezza), il sovrappeso e le intolleranze alimentari. In tutti questi casi il problema è legato prevalentemente a uno stile alimentare non corretto (pietanze particolarmente elaborate e salate, fast-food, bevande gassate o un eccesso di pasta, riso o patate, poca acqua ecc.). Anche le fluttuazioni ormonali derivanti dal ciclo mestruale, lo stress prolungato nel tempo e alcuni farmaci, come antidepressivi, antinfiammatori e antibiotici, possono gonfiare l’addome. Infine, dietro la pancia gonfia potrebbero nascondersi altre patologie comuni come la colite, la gastrite e il colon irritabile, ma anche l’intolleranza al lattosio o la celiachia. Ecco perché, in ogni caso, il consiglio è di fare una visita dal gastroenterologo per escludere che si tratti di un problema più serio come il colon irritabile o un’altra malattia infiammatoria intestinale da non trascurare.

Cibi Sì

Verdure preferibilmente cotte; frutta lontano dai pasti; cereali e derivati (pane, pasta ecc.) semintegrali o raffinati (biologici è meglio); pesce, carni bianche, uova; legumi con moderazione e solo se tollerati; yogurt; tè verde.

Cibi No

Latte, formaggi e cibi molto grassi in genere; dolcificanti (sorbitolo, mannitolo e prodotti che li contengono, per esempio le gomme da masticare senza zucchero); fibre in eccesso (troppi cibi integrali e verdure crude); alcolici, caffè e bibite gassate.

Inositolo per una pancia piatta

Che cos’è

È una vitamina, la B7, presente naturalmente in alcuni alimenti come: agrumi, avena, crusca, legumi, lievito di birra, germe di grano e noci.

Perché fa bene

Depura l’organismo (fegato e reni), riduce la fame nervosa, l’aerofagia e l’aria intestinale, combatte la stitichezza dovuta a uno scarso movimento intestinale, migliora l’umore e sconfigge lo stress che causa il gonfiore addominale. È utile anche per ridurre il girovita e per depurare l’organismo dopo cure di antibiotici o cortisone.


Bere latte fa perdere peso?

Bere latte fa perdere peso?

Sewcondo i risultati di uno studio israeliano condotto su 300 tra uomini e donne il latte fa dimagrire indipendentemente dalla dieta.
 
Secondo i risultati di uno studio compiuto da alcuni ricercatori del Ben-Gurion University del Negev (BGU) il latte fa dimagrire indipendentemente dalla dieta. Lo studio è stato condotto su 300 uomini e donne in sovrappeso di età compresa tra 40 e 65 anni, suddivisi in tre gruppi e che per due anni hanno seguito rispettivamente: una dieta mediterranea, una dieta a basso contenuto di grassi, e una a basso contenuto di carboidrati. Quello che i ricercatori israeliani hanno notato è stato appunto che chi ha assunto più calcio è riuscito a perdere, alla fine dei due anni, circa 6 kg mentre chi aveva assunto meno calcio era riuscito a perdere solamente 3 kg. E sono riusciti anche a constatare che anche i livelli di vitamina D sarebbero collegati alla perdita di peso: le persone che hanno una quantità maggiore di questa vitamina riescono a perdere peso e quindi a restare in forma. Viceversa chi ha livelli di vitamina D bassi tende all'obesità. Gli americani (ma non solo loro) introduono nell'organismo una quantità di vitamina D inferiore a quella raccomandata; oltre che nel latte, questa vitamina si può trovare anche nel burro, nel tuorlo d'uovo, nel salmone e nel tonno.



Fonte www.scientificcomputing.com

domenica 16 febbraio 2014

Carciofo per dimagrire e carciofo per il fegato

Carciofo per dimagrire e carciofo per il fegato
 
Il carciofo è una delle più antiche e conosciute verdure coltivate e ad oggi, l’estratto di carciofo è uno dei pochi rimedi erboristici che ha avuto il privilegio di essere approvato anche da studi clinici ed esperimenti, in merito ai suoi favorevoli effetti. Tra le ragioni del suo successo vi è la capacità di aiutare a risolvere problemi di diabete ed oltre ciò il carciofo è noto anche poiché offre un aiuto per la perdita di peso.


Carciofo per dimagrire fegato
Carciofo per perdere peso
Queste verdure al di là delle loro proprietà dimagranti, rappresentano una grande fonte di fibre, magnesio e cromo ed inoltre sono delle ricche fonti di vitamine e nello specifico di vitamina C ed A. Ancora, i carciofi contengono buone quantità di acido folico, biotina e manganese ed infine di niacina, tiamina, riboflavina e potassio. Date queste sue caratteristiche, il carciofo è un ottimo diuretico naturale: integratori a base di carciofo aiutano a prevenire la ritenzione idrica e la funzione renale. Il suo effetto diuretico è una delle prime ragioni che porta il carciofo ad essere un ottimo agente per la promozione di una graduale perdita di peso. Accanto all’assunzione di carciofo, è bene provvedere con  un adeguato apporto di liquidi in maniera tale da evitare una disidratazione del proprio corpo.

Accanto all’azione diuretica vi è quella che svolge come lassativo naturale: i carciofi aiutano ad eliminare i rifiuti indesiderati e le tossine che sono presenti nel corpo. La liberazione da questi elementi non favorevoli al benessere dell’organismo, permettono di accelerare le funzioni svolte ed in conseguenza velocizzare anche la perdita di peso. L’alto contenuto di fibre presente nei carciofi aiuta nel miglioramento delle funzioni del tratto digestivo, d’altra parte proprio la presenza delle fibre rende il carciofo un buon lassativo.

Principalmente per queste ragioni sono sempre più diffusi integratori a base di carciofo per la perdita di peso. Una delle capacità più rilevanti di questi integratori, è quella di abbassare i livelli di colesterolo oltre che i grassi. Le due azioni sono strettamente collegate, infatti una riduzione dei livelli di lipidi plasmatici, porta ad una significativa riduzione dei livelli di colesterolo totale. Se il vostro obiettivo è quello di perdere peso, a meno che abbiate bisogno anche di un aiuto per la riduzione del colesterolo, potete semplicemente consumare i carciofi, cucinati secondo la modalità che più vi aggradano, purché non vengano aggiunti grassi o olii.

Lo stesso carciofo non contiene tra le altre cose molte calorie, per dare un’idea un carciofo di grandi dimensioni contiene solo 25 calorie circa ed alcun grasso: elementi che lo rendono idoneo per la sua introduzione in qualsiasi dieta. L’aggiunta di carciofi ad una dieta equilibrata rappresenta un’ottima scelta dal momento che questi rappresentano una buona fonte di altri elementi essenziali per il fabbisogno quotidiano. Avviando pertanto una dieta nella quale è introdotto anche il carciofo, in breve tempo si riusciranno ad osservare gli effetti positivi di questo vegetale. Altro lato positivo per la propria linea, riguarda il fatto che i carciofi favoriscono l’assimilazione metabolica del cibo ingerito.

In conclusione, mangiare carciofi è un’ottima soluzione per chi cerca di perdere peso, infatti altra ragione è che tengono occupata la bocca per un lungo tempo e riescono in questo modo a dare una sensazione di sazietà.

Carciofo per il fegato
Sin dai tempi antichi il carciofo è stato sfruttato per le sue benefiche proprietà relativamente alla salute ed al benessere degli organi: migliora le condizioni del fegato e della cistifellea ed inoltre purifica il sangue.

Il carciofo offre un aiuto non indifferente per la risoluzione di problemi legati al fegato. È risaputo che in caso di problemi al fegato è bene consumare abbondanti quantità di verdure, ma non tutti sono a conoscenza del fatto che il carciofo è ottimo proprio per i problemi legati a questo organo.

La capacità del carciofo nel miglioramento delle condizioni del fegato è principalmente dovuta al fatto che questo vegetale contiene cinarina, ovvero un composto acido fenolico che è in grado di promuovere lo scarico di bile dal corpo ed allo stesso tempo riesce a stimolare la produzione di quest’ultima nel fegato. Entrambe le funzioni sono importanti per il fegato e quindi per il suo benessere in generale. Lo stimolo che induce il carciofo nella produzione di bile, da parte del fegato, fanno di esso un potente coleretico. Gli effetti benefici sono per altro stati confermati da diversi studi.

Ancora, altri buoni motivi che portano al consumo del carciofo includono il suo effetto antiossidante grazie al quale si riescono a proteggere le cellule del fegato dai danni. In questa maniera l’estratto di carciofo ostacola il cancro delle cellule del fegato poiché evita che si vengano a formare inutili accumuli di grasso.

In una dieta povera di grassi, nella quale non si consumano bevande alcoliche, particolarmente zuccherate e nella quale non è presente un alto consumo di carni rosse, il carciofo è in grado di aumentare le capacità del fegato nel rigenerare le sue cellule. La sua efficacie, relativamente a questo particolare aspetto, è limitata solo nei casi in cui il paziente sia in una situazione di cirrosi avanzata.

I benefici per il fegato, si ottengono in maggiore quantità dal puro succo di carciofi che contribuisce eliminando le tossine dal sangue ed in generale garantendo il benessere dell’intero sistema. non a caso il puro succo di carciofo è consigliato in trattamenti o terapie che mirano al rigeneramento del fegato. È da sottolineare anche il fatto che il carciofo offre un sollievo dai disturbi digestivi tra cui bruciore di stomaco, nausea, vomito e costipazione che per altro sono tutti disturbi che generalmente si presentano in caso di problemi al fegato.

Al fine di trarre i benefici e non i danni annessi al carciofo, bisogna fare attenzione a non consumare carciofi trattati in maniera non del tutto naturale e quindi con pesticidi ed altri agenti chimici i quali possono essere molto dannosi per il fegato. Ad ogni modo, onde evitare questi inconvenienti si consiglia di lavare sempre i carciofi in acqua alla quale sono stati precedentemente aggiunti alcuni cucchiai di bicarbonato di sodio. Eseguite quest’operazione prima della cottura, in maniera tale da rimuovere gli eventuali pesticidi presenti.

Controindicazioni del carciofo
Il consumo di carciofo non provoca generalmente alcun tipo di danno, tuttavia possono verificarsi alcuni problemi di blocco o ostruzione del dotto biliare in pazienti che hanno calcoli biliari: per questi particolari casi si raccomanda di consultare prima un medico. Allo stesso modo è possibile che sorgano probabili conseguenze indesiderate in persone con allergia alle piante della famiglia delle Asteraceae, per le quali persino il solo contatto con la piante del carciofo potrebbe portare all’insorgenza di dermatiti.

Ad esclusione di queste particolari circostanze, è possibile beneficiare dei soli effetti positivi del carciofo sia per quanto riguarda la propria salute e nello specifico per il benessere del proprio fegato, che per quanto riguarda il controllo del proprio peso corporeo.

Altri benefici del carciofo
I carciofi sono ortaggi normalmente consumati come normali alimenti e vengono soprattutto adottati per la preparazione di piatti mediterranei. Tuttavia, da moltissimi anni sono noti i loro benefici per quanto riguarda la salute. Nello specifico, le foglie del carciofo sono piò comunemente utilizzate per scopi medicinali. Le foglie essiccate vengono spesso usate per la preparazione di tè e decotti a base di carciofi, appunto, che risultano per altro essere molto utili per la perdita di grassi oltre che per l’eliminazione di colesterolo cattivo nel sangue. Il carciofo riesce dunque ad abbassare i livelli di colesterolo LDL, colesterolo sierico totale ed inoltre quello dei trigliceridi, mentre dal lato opposto porta ad un aumento dei livelli di colesterolo HDL, ovvero di quello benefico.

Altri benefici annessi al consumo di carciofo riguardano il fatto di essere in grado di stabilizzare in modo efficiente la glicemia nei soggetti con diabete. Dato l’alto contenuto di acido folico, i carciofi sono consigliati alle donne durante i mesi di gravidanza, in quanto questa vitamina aiuta a prevenire eventuali problemi del tubo neurale durante la nascita. Per altro una carenza di acido folico porta all’insorgenza di problemi, quali lo sviluppo di malattie cardiache.


100 grammi di parte edule comprendono:
- 22 Kcal
- 2,7 gr. di proteine
- 0,2 gr. di grassi
- 2,5 gr. di carboidrati
- 1,1 gr. di fibre
- 84 gr. di acqua

Freschezza
Volete sapere come fare per riconoscere la freschezza di un carciofo? Semplice. Afferrateli con indice e pollice e premete; se il carciofo è duro e compatto è fresco se tende ad appiattirsi invece non lo è. Un carciofo fresco deve avere le punte ancora ben chiuse e se il gambo ha ancore delle foglie attaccate, queste non devono essere appassite, ma al contrario ben fresche.

INTEGRATORI A BASE DI CARCIOFO





STRUDEL DI CARCIOFI LIGHT!!!



Ingredienti:
pasta brisè ( acquistata o fatta da voi)
1 carciofo
mezza cipolla medio-piccola
2 cucchiai d'olio evo
sale q.b.
1 bicchiere d'acqua
1 cucchiaio di parmiggiano grattuggiato
besciamella 
(Io ho fatto questa besciamella all'olio molto più leggera: pizzico di sale 
1 cucchiaio abbondante d'olio evo 1 cucchiaio raso di farina 150 ml di latte scremato)

Ho proceduto facendo una brisè con olio e latte, ma potete utilizzare anche quella del supermercato; intanto che la mia brisè riposava in frigo, ho pulito il carciofo e posto in acqua e limone.
Dopo una decina di minuti l'ho sbollentato, poi quanto era tiepido l'ho tagliato e posto in una teglia anti-aderente insieme alla cipolla, olio, sale e acqua; l'ho fatto cuocere a fuoco medio finchè l'acqua non era completamente evaporata.
Ho lasciato raffreddare, poi l'ho unito alla besciamella e il parmiggiano; ho steso la pasta brisè, ho versato il composto per tutto l'impasto e ho chiuso prima i bordi più corti, poi l'ho arrotolato su se stesso e infine ho infornato il tutto a 180° modalità ventilato.



sabato 15 febbraio 2014

La CAFFEINA non fa miracoli. Attenzione con l'eccesso

 CAFFEINA

La caffeina è sostanza che appartiene ad un gruppo di lipidi solubili (purine).

Chimicamente è un alcaloide (xantina) provvista di azione stimolante del sistema nervoso centrale, di lieve azione diuretica e di modesto effetto vasodilatatore.

 
E’ molto somigliante alla teobromina, la sostanza alcaloide contenuta nel cacao ed alla teofillina, l’alcaloide delle foglie di The.
Questi tre alcaloidi, molto diffusi nel mondo vegetale, vengono denominati  xantine perché possiedono una struttura molecolare derivata dalla xantina.
Il termine xantina deriva dal greco xanthos, che significa giallo.
La caffeina, la teobromina e la teofillina sono xantine connesse a gruppi metilici e quindi vengono denominate metil-xantine.
La caffeina è 1,3,7-trimetil-xantina, la teobromina è 3,7 dimetil-xantina, la teofillina è 1,3-dimetil-xantina.
La caffeina è poco diluibile in acqua, alcol, etere e acetone.
E’ molto solubile in cloroformio, acetato di etile e tetraidrofurano.
In sospensione acquosa ha pH neutro; i suoi cristalli sono bianchi, inodori, con sapore amaro ed hanno punto di fusione tra 234 e 239°C.
Aumenta la lipolisi nei distretti periferici, migliora la concentrazione mentale, favorisce il catabolismo del glicogeno e ne frena la sua formazione aumentando l'utilizzo del glucosio circolante.

Una tazza di caffè può contenere 100-120 mg ed una di thè circa 70-90 mg.

Negli alimenti è presente principalmente nel caffè, nel cacao, nelle foglie di tè e si trova in natura in numerosi frutti, semi e foglie.

La caffeina rientra nell’elenco delle sostanze dopanti e deve essere quindi consumata con ponderazione dagli atleti agonisti per non determinare positività ai controlli antidoping.

La caffeina viene ben assimilata per via orale, con un apice plasmatico maggiore dopo 120 minuti.
Si distribuisce velocemente su tutti i tessuti attraversando la barriera ematoencefalica e la placenta.
Può essere presente nel latte materno e perciò devono essere prese particolari precauzioni nell’uso in caso di gravidanza ed allattamento.
L’assunzione di 100 mg di caffeina conduce a concentrazioni plasmatiche comprese tra 1,5 e 1,8 mg/ml.
L’eliminazione della caffeina dal corpo si compie dopo metabolizzazione epatica con produzione di acido 1-metilurico, 1-metilaxantina e 7-metilxantina.
Il 10% circa viene rimosso sempre per via renale come caffeina non modificata.
Il maggiore responsabile del metabolismo della caffeina è l’insieme enzimatico del citocromo p-450 A2 di cui le cellule epatiche sono particolarmente dotate.
L’emivita della caffeina è di 2,5 – 4,5 ore nell’adulto e si prolunga considerevolmente nel bambino appena nato a motivo dell’immaturità del suo sistema enzimatico.
Svariati motivi possono ancora condizionare l’emivita della molecola, tra i quali la condizione di gravidanza.
Non va dimenticato, oltre a ciò, che l’assunzione di alcool o farmaci quali contraccettivi, cimetidina, disulfiram e allopurinolo protendono a prolungarla, mentre il fumare l’abbrevia dato che sollecita il metabolismo epatico.
Gli effetti sul sistema nervoso sono controversi dal momento che dosi minori di 500 mg rivelano sensazioni piacevoli con aumento dello stato di veglia, di allerta, della possibilità di concentrazione e miglioramento complessivo delle funzionalità corporee e psichiche.
All’ opposto, dosi più consistenti favoriscono inquietudine, fremiti, nausea, agitazione, prestazioni incostanti e diuresi.
Questi effetti sono dovuti all’inibizione dei recettori benzodiazepinici da parte della sola caffeina, provvista di un grado di lipofilia superiore dei suoi metabolici e tale da consentirle di passare attraverso la barriera ematoencefalica più agevolmente.
La caffeina determina un effetto contrattile sulla struttura muscolare scheletrica favorendo il rilascio di Ca2+ nel reticolo sarcoplasmatico per influenza reciproca con i recettori rianodici (RgR1); per questa sua condotta viene utilizzata nel protocollo europeo per l’ accertamento dell’ipertemia maligna, grave sintomatologia farmacogenetica.
La sollecitazione di recettori analoghi (RgR2) vigenti a livello cardiaco e la coincidente inibizione della fosfodiesterasi, motivano l’azione cardiostimolante che ad alte dosi può tuttavia  provocare aritmie, tachicardia e fibrillazione ventricolare.
Caffeina e paraxantina possono influenzare la pressione arteriosa poichè aumentano la resistenza vascolare sistemica tramite il blocco dei recettori adenosinici con effetto contrattile.
Per ogni tazza di caffé,la pressione sistolica aumenta di 0.8 mmHg, mentre quella diastolica di 0.5 mmHg.
La caffeina viene impiegata contro l’emicrania per facilitare l’assorbimento ed aumentare l’attività dell’ergotamina, la quale induce vasocostrizione e riduzione del flusso sanguigno extracranico, interessando i ricettori serotoninergici.
Ulteriore effetto del blocco dell’attività dell’adenosinaè l’effetto antidolorifico.
La caffeina è in grado di limitare la liberazione di mediatori dolorifici provocati dall’adenosina a livello delle terminazioni nervose ed è capace di attivare le vie noradrenalinergiche  che attuano un’azione soppressiva sul dolore e di stimolare il sistema nervoso riducendo la componente affettiva nell’elaborazione della stimolazione.
La caffeina stimola la secrezione acida a livello gastrico per azione sui recettori H2 e per questo ragione andrebbe evitata negli individui predisposti all’ulcera.
Per quanto riguarda la tossicità acuta, si possono individuare esiti a breve scadenza in seguito ad assunzioni comprese tra 1 e 5 g di caffeina, che potrebbero causare concentrazioni plasmatiche superiori a 80 mg/ml.
Sintomi di intossicazione si mostrano con assunzioni attorno ai 250 mg, mentre posologie più elevate (650 mg), determinano la sindrome del “caffeinismo”, contraddistinta da ansietà, agitazione e disordini nel sonno molto simile allo stato ansioso da stress.
Questo tipo di manifestazione ansiosa inizia a farsi notare già a concentrazioni plasmatiche di 30 mg/ml a seguito di assunzioni di 1 g di caffeina.
L’assunzione continuata di quantità contenute di caffeina non ha rilevato effetti tossici.
Oltre a ciò, soggetti con ipertensione conclamata non hanno manifestato variazioni collegabili all’ uso di caffè , né sono stati riscontrati maggiori pericoli di infarto al miocardio.
La caffeina non risulta influire sul decorso di gestazioni o sul peso del nascituro, né induce anomalie genetiche.
Situazioni di tossicità cronica sono in grado manifestarsi in caso di prolungato utilizzo di caffè in associazione al fumo di sigaretta o all’alcool, poiché questi variano le caratteristiche farmacocinetiche della caffeina.
E' perciò difficoltoso stabilire se le conseguenze siano causate unicamente dalla base xantinica o da altre cause.
In ambito sportivo è usata per la sua azione stimolante, può migliorare le prestazioni atletiche in attività aerobiche moderate, diminuendo la sensazione di fatica, può portare ad un miglioramento dell’ossigenazione cellulare durante l’attività fisica.

Inoltre la caffeina aumenta i livelli di zuccheri e insulina nel sangue e aiuta a stoccare il glucosio nei muscoli sotto forma di glicogeno.

La caffeina può essere un alleato della salute, aiutando a prevenire perfino molte patologie, dalla cirrosi epatica al diabete (tenendo presente di non superare le 3 tazzine al giorno).

Questo è il responso dell’Istituto nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (Inran), che ha svolto un lavoro di ricerca cui ha contribuito l’Istituto Farmacologico Mario Negri, la Fondazione per lo Studio sugli alimenti e la Nutrizione e il Coffee Science Information Centre.

Amleto D’Amicis, direttore dell’Unità di Documentazione e informazione Nutrizionale dell’Inran: “Il caffè non è una semplice soluzione di caffeina e poche altre sostanze brune, ma un alimento che contiene centinaia di specie molecolari, dai minerali come il potassio, precursori delle vitamine come la trigonellina, agli antiossidanti, ai lipidi terpenici.”


 
CAFFE' E SALUTE
 
Nell'ottobre 1970, a Venezia, si è tenuto il Primo Simposio Biofarmacologico sul caffè. 
 
L'anno dopo, nell'ottobre 1971 a Firenze, si e' ripetuto il Secondo Convegno, e nel 1972 a Vietri sul mare un terzo convegno ha integrato e completato l'esposizione delle proprietà delle sostanze attive contenute nel caffè, sancendo chiaramente gli effetti positivi e sfatando i pregiudizi negativi diffusi in passato.
Alcune sostanze in esso contenute provocano effetti benefici negli organi.

Naturalmente, come per ogni alimento, è necessario non farne abuso e non consumarne una quantità smoderata, se non si vogliono ottenere inconvenienti dovuti all'abuso.

L'abitudine a consumarlo quotidianamente non comporta assuefazione anche dopo lunghi periodi.

Il caffè infatti, e' una sostanza che agisce, in generale, sui centri nervosi, provocando un senso di benessere generale, spronando ad essere maggiormente vigili ed attivi sul lavoro non solo fisico, ma anche e soprattutto in quello che richiede maggiore prontezza di riflessi.

Tale stimolazione proviene dalla caffeina, in combinazione con l'acido caffettaninnico (miscela di vari acidi tra cui l'acido clorogenico e l'acido caffeico).

La caffeina, alcaloide che Runge scoprì nel 1820, si trova oltre che nel seme anche nelle foglie della pianta di caffè, the, cacao, cola, matè.

Ecco perché in alcuni paesi (Isola di Sumatra, ad esempio), si fa uso di decotti del fogliame torrefatto.

L'effetto eccitante, che si protrae da una a due ore dopo averla bevuta, agendo sul sistema nervoso cerebro-spinale, provoca un risveglio delle facoltà mentali, allontana la sonnolenza, la noia, la stanchezza, anche quella psichica, gli stati depressivi,  potenzia le capacità della memoria, dell'apprendimento, dell'intuizione e della concentrazione, facilita la percezione degli stimoli sensoriali, attenua le cefalee e le emicranie.

Inoltre, la caffeina potenzia il tono arterioso, senza alterare la pressione, migliorando anche la circolazione delle coronarie.

Va tenuto presente che le azioni sul cuore sono del tutto secondarie, e non sono rilevabili nelle dosi usuali di 2 - 3 tazzine.

Ciò vale soprattutto per quelle che possono essere considerate le azioni negative, cioè la tachicardia.

Anche i polmoni beneficiano dell'azione stimolante della tazzina di caffè : in essi si determina un potenziamento della dilatazione dei bronchi e della ventilazione polmonare, che facilitano una migliore respirazione.

A livello della muscolatura dello scheletro il caffè potenzia la capacità di contrazione muscolare, riduce la stanchezza, migliora il coordinamento dei movimenti e il rendimento sportivo.

Per questa sua azione tonica sulla muscolatura il caffè è indicato per gli sportivi, perché allevia la stanchezza, specialmente negli sport di lunga durata, quando maggiormente la fatica si impadronisce del fisico ed i movimenti tendono a farsi pesanti.

Sul gran simpatico stimola i nervi vasomotori e dunque facilita la digestione.

Nel fegato attiva la produzione della bile e la contrazione della cistifellea. Negli intestini coadiuva i movimenti, migliorandone le funzioni.

Altri effetti positivi della buona tazza di caffè si riflettono sulle reni, dove si ottiene la dilatazione delle arterie renali ed il conseguente potenziamento della diuresi.

Sulle ghiandole endocrine stimola la secrezione delle surrenali (corteccia/cortisone, ecc.; midollare/adrenalina), ed infine stimola la funzione tiroidea ed il metabolismo.

Ma attenzione a non eccedere : ricercatori britannici hanno scoperto che nelle persone che bevono più di 5 espressi al giorno (o 3 caffè americani), i sintomi di stress psicologico aumentano molto.

La caffeina in eccesso provoca un innalzamento dei livelli di cortisolo, l'ormone dello stress, responsabile dell'aumento della frequenza cardiaca, dei livelli di attenzione e della respirazione.

Secondo il National Institute od Diabetes and Digestive and Kidney Diseas americano, il caffé riduce i rischi di tumore al fegato; previene il tumore al colon-retto secondo studi dell'Università della Pennsylvania; riduce del 69% la probabilità di diabete di tipo 2 secondo una ricerca dell'Università della California; tiene lontano il morbo di Parkinson inattivandolo secondo una ricerca del National Health Institute americano; ha una azione broncodilatatoria aiutando l'asma secondo secondo una studio condotto dalla St George's Hospital Medical School di Londra; secondo l'Inran italiano ha una funzione digestiva, col movimento aiuta a dissipare le calorie ed aiuta a contrastare la cirrosi epatica e calcolosi biliare.

I ricercatori dell'Indiana University (USA) sostengono che la caffeina sia efficace quanto uno spray da inalare per ridurre i sintomi dell'asma indotta dall'esercizio fisico; dopo aver bevuto 4-5- tazze da 170ml di caffè un'ora prima dell'esercizio, un gruppo di runner su treadmill aveva i bronchi più aperti.

Per gli esperti dell'Istituto Mario Negri di Milano gli antiossidanti e la caffeina del caffè aiutano a difendere il colon, mentre kahweolo e cafestolo (due molecole del caffè) riescono persino a proteggere il fegato.

Quando si beve il caffè, il cervello rilascia dopamina, un neurotrasmettitore del benessere.

Entro 45 minuti la caffeina, stimolando il sistema nervoso centrale, fa secernere adrenalina alle ghiandole surrenali e lo stato di vigilanza aumenta.

Con o senza caffeina il caffè sembrerebbe essere una ricchissima fonte di antiossidanti, anche più di frutta e verdura: all'Università di Scranton in Pennsylvania si è studiata tale proprietà.

Ovviamente ogni abuso di caffé annullerebbe in rapporto ogni benefico effetto!

Uno studio dell'Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione ha scoperto nel caffé alcuni antiossidanti che evitano al colesterolo cattivo di diventare ancora più dannoso.

Sono composti fenolici che impediscono l'ossidazione del colesterolo LDL, scongiurando il rischio che si modifichi e che attacchi le pareti dei vasi portando all'arteriosclerosi.

Uno studio dei ricercatori americani del National Cancer Institute di Rockville che ha coinvolto 400mila persone tra i 50 e i 71 anni per 14 anni, ha evidenziato che una media di 3-4 tazzine al giorno giova alla longevità.

Gli habituè dell'espresso risultano meno a rischio di malattie cardiache, respiratorie, ictus e infezioni al fegato.

Dai dati dello studio, pubblicato sul New England Journal of Medicine, si evince poi che la caffeina costituisce una sorta di protezione anche contro il diabete e nelle donne contro la depressione.

L'importate però è ovviamente non esagerare, è sempre meglio non superare i 3-4 caffé al giorno.

Anche annusare un barattolo di caffè appena aperto può dare felicità.

I ricercatori statunitensi della Harvard School od Public Health hanno scoperto che l'espresso regala il buonumore; ciò è dimostrato da un'importante revisione di tre studi americani per un totale di oltre 200 mila partecipanti, pubblicata sul World Journal of Biological Psychiatry : il consumo quotidiano di caffè, da 2 a 4 tazze, dimezzerebbe il rischio di suicidio.

Solo chi assume caffeina (senza esagerare) può trarre i benefici dell'espresso (quindi non i decaffeinati ad esempio) : l'alcaloide infatti non solo eccita il sistema nervoso centrale rendendo più svegli  ed efficienti ma agisce anche come blando antidepressivo, stimolando nel cervello la produzione di alcuni neurotrasmettitori come serotonina e dopamina, elementi associati al buonumore.

Alcuni studi che dimostrano la relazione tra caffeina e crescita dei capelli.

All'Università di Jena (Germania) hanno scoperto che la caffeina favorisce la crescita dei capelli. In ogni caso non serve bere tanti caffè : i ricercatori avrebbero stimato che servirebbero circa 60 tazzine di caffè per raggiungere i follicoli dei capelli!

Consigli utili per il bodybuilder 

Chi come me è nel periodo di aumento della massa muscolare, un eccesso di caffeina (caffè, tè o bevande e integratori contenenti stimolanti) porta ad un aumento dello stress che causa spesso la perdita del sonno, e noi sappiamo bene che i muscoli crescono a riposo.
Vi consiglio di limitare l'assunzione di questa sostanza durante l'arco della giornata per poi goderne i benefici, magari, nel pre allenamento.


 

venerdì 14 febbraio 2014

Le vitamine amiche del cuore

Le vitamine amiche del cuore
              
Tra i fattori di rischio di aterosclerosi e ipertensione ci sono il colesterolo e la tendenza dei vasi a diventare rigidi: le vitamine giuste ci aiutano
L' apparato cardiocircolatorio, costituito dal cuore e dai vasi sanguigni (arterie, vene e capillari è soggetto a numerose e importanti patologie spesso peggiorate da una dieta ricca di grassi, dal fumo, dalla vita sedentaria e dall'età, tra le quali ci sono cardiopatie, trombosi, infarto del miocardio, ictus cerebrale, oltre ad aterosclerosi e ipertensione. Queste due ultime patologie sono in realtà dei fattori di rischio per lo sviluppo delle altre malattie cardiocircolatorie, ed è su queste che si può intervenire con l'integrazione vitaminica che rinforza le pareti dei vasi, regola la pressione e riduce i livelli di grassi nel sangue.

L'ipertensione

L' ipertensione è caratterizzata da un innalzamento dei valori della pressione del sangue. Talvolta provoca disturbi generici, come lieve mal di testa, affaticamento, difficoltà di visione, vertigini, palpitazioni. L'ipertensione può essere responsabile, da sola o in concorso con altri fattori, di danni irreversibili alle arterie e di accelerazione dell'aterosclerosi, e rappresenta un importante fattore di rischio per lo sviluppo di altre malattie cardiovascolari.

L'aterosclerosi

In presenza di questa malattia gli strati interni delle pareti delle arterie divengono spessi e irregolari a causa di depositi di lipidi e colesterolo. L'ispessimento porta a una riduzione del lume (ovvero il volume) delle arterie e di conseguenza ala diminuzione del flusso sanguigno. Quando il sangue scorre a fatica può formarsi un trombo, o coagulo, che può provocare un improvviso arresto del flusso sanguigno, infarto e ictus.
Le vitamine che aiutano a difendersi da ipertensione e aterosclerosi 

La vitamina C
È  utile per abbassare la pressione perchè aumenta l'attività di sostanze che provocano vasodilatazione.

Dove si trova: Oltre che nei cibi (agrumi, spinaci, ribes nero, verdure a foglia scura, pomodori, kiwi, ecc), la vitamina C è presente in quantità elevate nel succo di açai, una bacca amazzonica super vitaminica (in erboristeria).
Quanta assumerne: Bevi un misurino di succo di açai al giorno.

La vitamina D
Se è carente, la pressione si alza.

Dove si trova: La vitamina D viene sintetizzata dall'organismo per azione della luce solare. Tra i cibi, ne sono ricchi l'olio di fegato di merluzzo, il burro, le acciughe.
Come fare: Mangia ogni giorno una fetta di pane nero con un ricciolo di burro e un filetto d'acciuga.

La vitamina B
Le vitamine B6, B12 e B9 (acido folico)
Aiutano a prevenire l'arterosclerosi perché sono in grado di abbassare i livelli di omocisteina nel sangue: questo aminoacido è stato infatti messo in relazione, se presente in grandi concentrazioni, con la formazione della placca aterosclerotica.

Le vitamine del gruppo B sono indispensabili alla salute. Forniscono l'energia necessaria ogni giorno, migliorano le prestazioni fisiche e quelle mentali e il tono dell'umore. Tutte le indicazioni per sfruttarle al meglio: le dosi consigliate e il modo migliore per assumerle attraverso cibi e integratori.
Dove si trova: La vitamina B6 è presente in pesce, uova, cereali integrali, germe di grano, frutta secca, lievito di birra, legumi; la vitamina B12 si trova in fegato, uova, pesce, latte e derivati; di vitamina B9 sono ricchi cavoli, fagioli, arance e lievito di birra.
Quanta assumerne: Il modo migliore per fare scorta delle tre vitamine è bere un bicchiere tiepido di latte di soia o di riso la mattina prima di colazione.

La vitamina E
Grazie alla sua azione antiossidante contro i radicali liberi, contribuisce a prevenire le placche aterosclerotiche. Inoltre, abbassa i livelli di colesterolo nel sangue.
Dove si trova: La vitamina E è presente in grandi quantità in mandorle, noci, oli vegetali crudi, olive, albicocche e olio di nocciolo di albicocca, oltre che nell'olio di canapa.
Come farne scorta: L'olio di semi di canapa è uno degli integratori naturali più efficaci contro la formazione di placche aterosclerotiche: favorisce la riduzione dei livelli plasmatici di colesterolo e trigliceridi, e diminuisce il grado di aggregazione piastrinica. Lo trovi nei negozi di alimenti naturali: bevine un cucchiaino da tè al giorno oppure usalo per condire.

mercoledì 12 febbraio 2014

I MAGNIFICI 7 PER AUMENTARE LA MASSA MUSCOLARE A TAVOLA:

I MAGNIFICI 7 PER AUMENTARE LA MASSA MUSCOLARE A TAVOLA:

Albumi delle uova.
Composto prevalentemente da proteine, acqua, sali minerali come: sodio, magnesio, potassio, vitamina B e glucosio’albume, a differenza del tuorlo dell’uovo, è quasi del tutto privo di colesterolo e grassi.

Grana.
Ottimo apporto di proteine di di qualità, 100 grammi di grana contengono le proteine di 200 grammi di carne e le sostanze nutritive assicurate da 1 litro e mezzo di latte. Oltre ad avere anche qualità di: rapida assimilazione ed alta digeribilità.

Petto di pollo.
Poche calorie e tante proteine. Molto magro a livello di grassi, ottimo apporto di proteine. In 100 grammi di pollo troviamo solo 100 calorie, 0 grammi di carboidrati e 23 grammi di proteine di ottima qualità, ricchi di aminoacidi ramificati.

Petto di tacchino.
I valori di grassi e proteine sono simili a quelli del pollo, ed è perfetto per mantenere la massa magra e incrementarla.

Carne di cavallo.
E’ una dellela meno caloriche ma anche una delle più proteiche.

Soia.
Ottima fonte di proteine, ottimo alimento anche per vegani e vegetariani. La soia riduce il colesterolo, contribuisce a prevenire il cancro alla prostata e alla mammella, aiuta a perdere peso.

Yogurt fresco magro e frutta fresca.
Un mix di yogurt e frutta fresca è l’ideale per avere il giusto apporto di proteine, vitamine e sali minerali.



TUTTI I TRUCCHI PER UN ADDOME DA SOGNO!

TUTTI I TRUCCHI PER UN ADDOME DA SOGNO!

Il classico crunch stando distesi sul pavimento costituisce solamente metà di un esercizio per l’addome. Rifletteteci. Se la parte superiore del torace potesse passare al di sotto del pavimento in modo che la bassa schiena si inarcasse, raggiungereste una posizione di completo allungamento per il retto addominale.

Questa importante posizione di allungamento, che aiuta ad attivare un numero maggiore di fibre per conseguire uno sviluppo migliore, è impossibile da raggiungere quando si esegue il crunch stando distesi su una superficie piatta che vi limita nell’allungamento completo e nello sviluppo del gruppo muscolare. Per inarcare la schiena nel crunch, provate ad eseguire l’esercizio stando distesi su una panca piana con appoggio per il bilanciere; appoggiate i piedi sul bilanciere che si trova sui montanti della panca, le ginocchia piegate e la parte alta della schiena che sporge al di fuori dello schienale della panca. Adesso sollevate il torace eseguendo il movimento di crunch.

Potete anche eseguire il crunch al cavo stando inginocchiati davanti ad un pulley alto, impugnando una maniglia e tenendola dietro la testa, mentre il vostro compagno d’allenamento vi sostiene la bassa schiena affinché possiate inarcarla. Oppure potete fare il crunch al cavo stando seduti su una panca Scott.

Abbassate il piano di appoggio per le braccia che ha la panca in modo da usarlo come sostegno per la schiena permettendo alla parte alta del torace di piegarsi indietro leggermente ad ogni ripetizione. Ovviamente la migliore alternativa è l’Ab Bench, la quale rende comodo allenare gli addominali lungo il loro intero arco di movimento – ed è facile aggiungere il carico grazie alla pila dei contrappesi e al cavo.