martedì 30 settembre 2014

Livelli di Vitamina D: mortalità, malattie cardiovascolari, malattie respiratorie, tumori e fratture.

La vitamina D è stata associata a molte condizioni di salute, ma le concentrazioni ematiche ottimali sono ancora incerte. I ricercatori protagonisti di questo recentissimo studio prospettico durato 13 anni hanno esaminato il rapporto prospettico tra i livelli sierici di 25-idrossivitamina D [25(OH)D3 e 25(OH)D2] e successiva mortalità in generale ed alcune malattie in uno studio prospettico di popolazione.
Sono state misurate le concentrazioni sieriche di vitamina D in 14.641 uomini e donne di età compresa tra 42 anni e 82 anni tra il 1997 ed il 2000, che vivevano a Norfolk, Regno Unito. I partecipanti sono stati seguiti fino al 2012. Questi sono stati assegnati a 5 gruppi in base ai livelli sierici basali di vitamina D ( inferiore a 30, tra 30 e 50. tra 50 e 70, tra 70 e 90 ed oltre 90 nmol/L).
I dati sono stati corretti statisticamente per età, sesso, tutte le cause di mortalità (2.776 morti), i dati sono stati ulteriormente aggiustati inserendo altre variabili che influenzano i parametri di salute misurati: indice di massa corporeo, il fumo, la classe sociale, l’educazione, l’attività fisica, assunzione di alcol, livelli plasmatici di vitamina C, storia di malattie cardiovascolari, diabete, o cancro.

Le conclusioni sono state le seguenti: concentrazioni alte di 25(OH)D sono associate a minore mortalità totale, malattie cardiovascolari, respiratorie e fratture ma non al cancro. Per quanto riguarda la mortalità, i rischi più bassi erano in soggetti con concentrazioni di 90 nmol/L, e non vi era alcuna evidenza di un aumento della mortalità a concentrazioni più alte, suggerendo che un moderato aumento delle concentrazioni medie nella popolazione potrebbero avere un potenziale beneficio per la salute. Solo l’1% della popolazione aveva concentrazioni di 120 nmol/L.

Riferimento:
Clin Nutr doi: 10.3945/ajcn.114.086413.Serum 25-hydroxyvitamin D, mortality, and incident cardiovascular disease, respiratory disease, cancers, and fractures: a 13-y prospective population study1–4AJCN. First published ahead of print September 17, 2014 as doi: 10.3945/ajcn.114.086413Kay-Tee Khaw, Robert Luben, and Nicholas Wareham


La carenza di vitamina D: è un marker e non un fattore di rischio nelle malattie cardiovascolari

Studi epidemiologici e le tante notizie sui media suggeriscono che la carenza di vitamina D, stimata misurando 25-idrossivitamina D nel sangue, è legata ad un aumento del rischio di cardiopatia ischemica e ictus. Tuttavia, gli studi clinici randomizzati per verificare se effettivamente la supplementazione di vitamina D riduca il rischio di queste malattie sono stati sorprendentemente deludenti, ma non si capisce perché. Per provare a rispondere a questa domanda, Ooi et al. hanno verificato se la carenza di vitamina D causasse un profilo lipidico negativo (che a sua volta causa malattie cardiache o ictus) o viceversa.

Ooi et al. hanno utilizzato in modo intelligente i dati del Copenhagen General Population Study e del Copenhagen City Heart Study per verificare se precedentemente fossero state stabilite influenze genetiche per elevati livelli dei lipidi aterogeni la diminuzione delle lipoproteine ad alta densità (HDL) a determinare i bassi livelli di 25-idrossivitamina D. I ricercatori hanno inoltre esaminato la questione opposta: se il fattore genetico che tiene la vitamina D bassa possa influire sui lipidi aterogeni e l’HDL. Ebbene i ricercatori hanno scoperto che fattori genetici per il colesterolo hanno predetto in modo significativamente preciso i livelli di 25-idrossivitamina D. Ogni raddoppio dei livelli dei lipidi aterogeni era significativamente associato con più bassi livelli di 25-idrossivitamina D, anche se livelli di HDL bassi per fattori genetici sono stati associati con una maggiore livello di 25-idrossivitamina D. Tuttavia, in stridente contrasto con il dato precedente, livelli bassi di 25-idrossivitamina D genetici non hanno predetto concentrazioni alte di lipidi aterogeni. I ricercatori hanno dunque concluso che i lipidi aterogeni elevati, associati a malattie cardiache ed a ictus, HDL escluso, contribuiscono ai bassi livelli di 25-idrossivitamina D e non viceversa!

Lo studio ha certamente dei limiti, ma è rafforzato dalla dimensione del campione (85.868 soggetti) e da approcci analitici conservatori. Questi risultati suggeriscono che bassi livelli di 25-idrossivitamina D sono semplicemente un marcatore secondario per i lipidi aterogeni elevati, pertanto questo studio (randomizzato) solleva seri dubbi circa il valore della supplementazione di vitamina D per la prevenzione delle malattie cardiovascolari.

Riferimento:
E. M. Ooi et al., Elevated remnant cholesterol in 25-hydroxyvitamin D deficiency in the general population: A Mendelian randomization study. Circ. Cardiovasc. Genet. 10.1161/CIRCGENETICS.113.000416 (2014). [Abstract]
Copyright © 2014, American Association for the Advancement of Science
Citation: E. Price, Vitamin D—A Passenger, Not a Driver in Cardiovascular Disease. Sci. Transl. Med. 6, 254ec160 (2014).
Sci Transl Med 17 September 2014:
Vol. 6, Issue 254, p. 254ec160
Sci. Transl. Med. DOI: 10.1126/scitranslmed.3010408


Tratto da: evolutamente.it




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