martedì 2 dicembre 2014

Olio extravergine d'oliva

Con l'esplosione del fitness e delle palestre c'è stata anche una esplosione di diete e consigli alimentari sbagliati! Sino a una vera e propria demonizzazione dei grassi! Molta gente pensa che i grassi facciano ingrassare e quindi vanno totalmente eliminati!

Sbagliato! I grassi nella giusta dose fanno bene , regolano gli ormoni , fanno assimilare le vitamine liposolubili !

Vanno solo scelti i grassi giusti e nelle giuste quantità!

Olio di oliva e attività sportiva


I lipidi, unitamente ai glucidi, costituiscono i principali nutritivi che forniscono la principale energia chimica utilizzata nell'attività fisica.

La sorgente energetica di scelta per il lavoro muscolare è rappresentata dai glucidi, tuttavia le riserve di cui dispone l'organismo sono piuttosto modeste e pertanto è necessario attingere a quelle lipidiche onde poter continuare a svolgere il lavoro. Con l'esaurirsi delle riserve glucidiche il contributo dei grassi diviene perciò progressivamente crescente anche se con un incremento che va gradualmente riducendosi.


A riposo e nell'esercizio fisico moderato i lipidi rappresentano comunque il substrato energetico prevalente, mentre, durante il lavoro pesante, ma di brave durata, aumenta il contributo dei glucidi. Se però l'esercizio fisico intenso diviene prolungato il costituire il 70-80% della fonte energetica.


Consumo di lipidi in rapporto all'attività fisica

L'allenamento fisico induce infatti l'aumento di alcuni enzimi deputati all'ossidazione dei grassi e soprattutto dei chetoni e ciò spiega perché gli individui che praticano attività sportiva tollerino meglio una dieta iperlipidica rispetto a coloro che conducono una vita sedentaria. 


Questo spostamento dell'utilizzazione da parte dell'organismo dai glucidi ai lipidi è legato ad una "opportunità" biochimica relativa alla maggiore disponibilità delle riserve lipidiche rispetto a quelle glucidiche il cui risparmio è fondamentale per il mantenimento dell'omeostasi metabolica. L'organismo infatti, qualora abbia esaurito le riserve glucidiche, riducendo il lavoro muscolare fino al totale esaurimento.


Queste considerazioni fanno comprendere come una dieta mista o moderatamente iperlipidica sia fondamentale nell'allenamento fisico e nello sport di durata e di resistenza. Una dieta iperglucidica in fase di allenamento stimola infatti i muscoli ad utilizzare prevalentemente i glucidi inibendo l'induzione degli enzimi deputati all'ossidazione degli acidi grassi e dei chetoni, restringendo di conseguenza importanti possibilità di approvvigionamento energetico dei muscoli.


L'adattamento metabolico non è dovuto comunque solo ad una modificazione enzimatica, ma anche ad un aumento del numero dei mitocondri e ad un aumento della  capillarizzazione dei muscoli. Nello stesso tempo si verifica anche un incremento del trasporto degli acidi grassi dal tessuto adiposo verso il muscolo con un aumento della concentrazione degli acidi grassi liberi nel sangue cui fa riscontro una caduta della concentrazione delle VLDL.


L'utilizzazione energetica dei lipidi è perciò indispensabile nello svolgimento di un lavoro muscolare di durata e di resistenza, mentre non può costituire la fonte energetica negli sport di potenza e/o di breve durata, essendo un processo esclusivamente aerobio.


Per quanto riguarda il rendimento energetico non vi sono sostanziali differenze tra i diversi acidi grassi e pertanto, da questo punto di vista non esistono particolari indicazioni o controindicazioni nella scelta dei lipidi alimentari dello sportivo, anche se da qualcuno è stata sostenuta una migliore utilizzazione degli acidi grassi insaturi rispetto a quelli saturi. Resta comunque sempre valido il concetto dell'opportunità di limitare, anche nello sportivo, l'apporto dei grassi degli animali terrestri poiché la presenza degli acidi grassi saturi, associata a quella del colesterolo, costituisce un fattore di rischio per la possibile comparsa di una cardiopatia ischemica, pur se è stato dimostrato che l'attività fisica migliora il quadro lipidemico con una riduzione della trigliceridemia, un aumento del colesterolo-HDL ed una riduzione, anche se modesta del colesterolo totale.


Nonostante l'effetto positivo esercitato sul quadro lipidemico dall'attività fisica, appare sempre e comunque consigliabile il mantenimento di una "dieta prudente" in base alla quale è necessario rispettare le raccomandazioni dietetiche atte a prevenire possibili dislipidemie. In considerazione tuttavia delle conoscenze sulla perossidazione lipidica e le susseguenti reazioni a catena dei radicali liberi, è necessario un attento esame anche sugli acidi grassi insaturi verificando se sia meglio fornire un maggiore apporto di polinsaturi o di monoinsaturi.le conseguenze della perossidazione lipidica e della reazione radicalica non devono essere sottovalutate poichè, accanto ai noti riflessi patologici, possono provocare nello sportivo danni ai muscoli scheletrici e cardiaco.


Come è stato già detto, la formazione dei radicali liberi si verifica in alcune reazioni intermedie della respirazione degli organismi viventi, cioè nella catena respiratoria durante il trasferimento degli elettroni dai substrati all'ossigeno. L'induzione della formazione dei radicali liberi può essere provocata da diverse cause, quali l'iperossigenazione, il fumo del tabacco, l'inquinamento atmosferico, alcuni metalli, alcuni farmaci, la carenza di agenti antiossidanti, ma anche dall'aumentata attività metabolica come può verificarsi nella intensa attività fisica. Quest'ultima possibilità sembra essere confermata dagli studi di biologia comparata che evidenziano una correlazione inversa tra velocità metabolica e durata della vita nel senso che le specie animali maggiormente attive, che consumano più ossigeno, vivono un'esistenza più breve di quelle con minore attività fisica, ma è stato anche rilevato che gli stessi animali se vivono in cattività presentano una durata della vita più lunga di quelli lasciati in libertà.


In condizioni normali la produzione dei radicali liberi è sufficientemente contrastata dagli agenti antiossidanti, ma l'aumentata velocità metabolica che si determina nel corso dell'attività fisica, specialmente se prolungata, conduce ad un'aumentata produzione che si associa ad una diminuzione delle difese antiossidanti.


In effetti, l'esercizio muscolare regolare sembra incrementare la disponibilità degli enzimi antiossidanti, in particolare della catalasi e della glutatione perossidasi, ma l'attività muscolare notevolmente intensa (che provoca un aumento del consumo di ossigeno fino a 10 volte i consumi basali) può creare una situazione di danno a causa dell'esuberante produzione di radicali liberi e di perossidi. Come è stato dimostrato infatti nei ratti sottoposti ad esercizio muscolare severo molti enzimi antiossidanti diminuiscono notevolmente dopo sforzi acuti, forse per un'accelerazione del metabolismo proteico con una diminuzione delle proteine ad attività enzimatica o forse per una semplice inattivazione enzimatica.


I radicali liberi esercitano rilevanti effetti sul reticolo sarcoplasmatico e sui movimenti sul calcio e provocano lesioni delle membrane delle cellule tra cui quelle endoteliali. Queste alterazioni possono creare uno squilibrio tra il flusso ematico ed il metabolismo muscolare. Alcuni Autori ritengono che i radicali liberi si formino, più che durante la fase di ischemia, durante la successiva fase di riperfusione e questo processo sarebbe perciò di particolare rilievo in quelle attività sportive che alternano momenti di intensa attività a momenti di riposo. L'aumento dei perossidi e dei radicali liberi conduce infine ad un incremento della sintesi del trombossano con una riduzione di quella della prostaciclina determinando una vasocostrizione che comporta un diminuito apporto di ossigeno ai substrati necessari per la sintesi di ATP.


Studi condotti da Avogaro e coll. hanno dimostrato come l'attività fisica induca la formazione di molonildialdeide che raggiunge l'acme al momento del massimo sforzo. Gli stessi Autori hanno anche dimostrato che l'attività fisica stenua induce variazioni significative nelle caratteristiche delle LDL. Le LDL modificate vengono ritenute di grande  importanza nel determinismo del processo aterosclerotico, ma possono provocare anche un danneggiamento del tessuto muscolare alterandone le strutture e diminuendone l'efficienza di contrazione


Un ultimo inquietante aspetto è quello legato alla morte improvvisa,evento raro, ma non eccezionale che nel 10% dei casi non trova una spiegazione autoptica. Attualmente sta incontrando sempre maggiori consensi l'ipotesi che alla base di questa evenienza esista un meccanismo radicalico. Nell'animale da laboratorio la perfusione di idroperossidi fa diminuire il flusso coronarico e la frequenza cardiaca fino al completo arresto del cuore. secondo Avogaro le modificazioni chimico-fisiche delle LDL potrebbero avere un rapporto con gli episodi di morte improvvisa specialmente quando il soggetto abbia avuto una precedente coronaropatia. In particolare, è stato ipotizzato che la patogenesi possa essere riconducibile ad un danneggiamento dei fosfolipidi di membrana con alterata immissione di ioni calcio e conseguenti disturbi del ritmo.


Il problema che si pone quindi nell'alimentazione dell'atleta è quello di limitare la formazione dei radicali liberi. Ciò può essere effettuato attraverso un maggiore apporto di frutta e verdure fresche per il loro contenuto in vitamine antiossidanti, ma anche attraverso la preferenza degli acidi grassi monoinsaturi al posto di quelli polinsaturi in quanto questi ultimi si dimostrano particolarmente suscettibili all'attacco dei radicali liberi dell'ossigeno.


Come abbiamo già visto infatti, la formazione dei radicali liberi è dipendente dalla loro velocità di produzione conseguente all'aumentata velocità metabolica, dalla capacità di difendersi attraverso la produzione e/o l'introduzione di agenti antiossidanti, ma anche dall'apporto levato di acidi grassi polinsaturi che costituiscono uno dei bersagli dell'attacco radicalico ed infatti, come afferma uno studioso del problema, quando maggiore è la disponibilità di polinsaturi, tanto maggiore è il rischio, ed eventualmente la progressione, di un danno radicalico. La necessità di fornire all'atleta una quota lipidica adeguata per quantità e qualità impone una scelta oculata che deve essere effettuata in base all'entità delle prestazioni fisiche per quanto concerne la quantità ed in base alla composizione acidica ed al contenuto in agenti antiossidanti per quanto concerne la qualità.


Circa la quantità la quota lipidica non dovrebbe essere inferiore al 30% delle calorie totali. Questa quota andrà poi gradualmente aumentata nella fase di allenamento, specialmente per gli sports di durata superiore ai 30 minuti, perché l'attività fisica intensa e prolungata conduce ad un incremento dell'utilizzazione dei grassi così che l'arricchimento in lipidi della dieta conduce ad un miglior rendimento fisico. Animali da esperimento, alimentati con diete ad alto contenuto lipidico, dimostrano infatti una maggiore resistenza alla fatica rispetto ad altri animali alimentati con diete ad alto contenuto in carboidrati.


Il consumo dei grassi, come si è detto, durante l'attività fisica moderata è relativamente modesto, pari a circa 0,5 g/min (30g/ora), ma sale fino a 0,7 - 0,9 g/min (42-54 g/ora) durante l'esercizio fisico intenso e prolungato. Tale adattamento è importante in quanto determina un effetto di risparmio sulle riserve di glicogeno consentendo una maggiore resistenza alla fatica.


Circa la qualità i grassi degli animali terrestri, contenenti acidi grassi e colesterolo, devono essere limitati perché anche nello sportivo possono provocare innalzamenti dei livelli plasmatici del colesterolo, pur se l'attività fisica determina effetti favorevoli sul quadro lipidemico (riduzione della trigliceridemia ed aumento delle HDL). Gli oli vegetali ricchi in acidi grassi polinsaturi agiscono favorevolmente sui livelli del colesterolo plasmatico, ma possono subire l'innesco perossidativo ed i processi radicalici che, come abbiamo visto, vengono accentuati dall'attività fisica.


La scelta sembra quindi andare verso i grassi a prevalente contenuto in acidi grassi monoinsaturi in quanto non aterogeni e scarsamente suscettibili ai processi perossidativi e radicalici. l'acido oleico infatti, in contrasto con il linoleico e l'a-linolenico, non richiede in pratica una protezione antiossidante e questo rende conto della sua maggiore stabilità. la preferenza tuttavia dell'olio di oliva non viene data solo dalla sua composizione acidica, ma anche dal suo patrimonio antiossidante, in particolare l'a-tocoferolo.


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